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Brexit si avvicina: ma quali saranno gli effetti sui contratti con le aziende inglesi (e degli altri Paesi del Regno Unito)?

Brexit si avvicina: ma quali saranno gli effetti sui contratti con le aziende inglesi (e degli altri Paesi del Regno Unito)?

| L’articolo è stato scritto dall’Avv. Michele Rizzo e dall’Avv. Marco Fontana, professionisti del nostro Studio che si occupano anche di contrattualistica commerciale tra imprese italiane e straniere. |

Se non ci saranno altri rinvii, alla fine di ottobre il recesso – e dunque l’uscita – del Regno Unito dall’Unione europea diventeranno effettivi. Tra le molte problematiche giuridiche proprie di questo avvenimento epocale, ve n’è una di particolare importanza per le imprese italiane (o di altri Stati membri) che intrattengono relazioni commerciali con clienti e fornitori inglesi: l’individuazione della legge applicabile ai contratti esistenti e futuri, nonché della giurisdizione cui rivolgersi in caso di controversie relative agli stessi contratti (il “foro” di riferimento).

Vediamo brevemente in questo contributo quali sono i termini del problema e gli elementi cui le imprese devono prestare maggiore attenzione.

Il diritto internazionale privato e gli strumenti dell’Unione europea

I contratti tra soggetti che appartengono a Stati (e quindi a sistemi giuridici) diversi pongono vari problemi in relazione alla disciplina applicabile, a cominciare da quale sia la legge che regola il contratto e a quale ordinamento giuridico appartenga il foro a cui rivolgersi in caso di contenziosi.

La definizione di tali profili è uno dei problemi più tipici della particolare branca del diritto definita “diritto internazionale privato”, cui di solito gli Stati dedicano apposite previsioni normative – le cd. “norme di conflitto”: tali norme hanno lo scopo di individuare il diritto applicabile in caso di rapporti giuridici con elementi di “internazionalità”. Per il sistema italiano, il testo legislativo di riferimento sull’argomento è la legge n. 218/1995.

Ovviamente le discipline di ciascun singolo Stato hanno il limite di potersi applicare unicamente nel caso in cui le relative questioni siano considerate (da un giudice) all’interno dello Stato di riferimento. Per questo, esistono convenzioni tra Stati, su diverse materie relative al diritto internazionale privato e processuale, che pongono regole comuni per l’insieme – più o meno ampio a seconda dei casi – di Stati aderenti.

Come in altre materie, l’Unione europea presenta attualmente una disciplina piuttosto articolata e avanzata nell’ambito del diritto internazionale privato, che è direttamente applicabile agli Stati membri e comporta una “armonizzazione” di diversi aspetti delle possibili problematiche relative ai rapporti giuridici tra parti di diversi Stati membri. Tra i regolamenti che disciplinano il sistema europeo si possono citare, infatti:

  • il regolamento sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali – Regolamento (CE) n. 593/2008 (cd. “Roma I”);
  • il regolamento sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali – Regolamento (CE) n. 864/2007 (cd. “Roma II”);
  • il regolamento sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale – Regolamento (UE) n. 1215/2012 (cd. “Bruxelles I”);
  • il regolamento relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo – Regolamento (UE) n. 650/2012.

Altri regolamenti disciplinano direttamente procedure speciali o aspetti procedurali dei giudizi civili nel caso di coinvolgimento di parti di diversi Stati membri:

  • il regolamento relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale – Regolamento (CE) n. 1393/2007;
  • il regolamento sulla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri per l’assunzione delle prove in materia civile o commerciale – Regolamento (CE) n. 1206/2001;
  • il regolamento sul decreto ingiuntivo europeo – Regolamento (CE) n. 1896/2006;
  • il regolamento sulla procedura per controversie di modesta entità – Regolamento (CE) n. 861/2007.

Scorrendo l’elenco delle materie coinvolte è chiara l’importanza della regolamentazione citata per i rapporti che possono intrattenere tra loro le imprese dei diversi Stati membri e per un efficiente funzionamento della giustizia civile a livello europeo.

Le regole fondamentali sull’individuazione della legge applicabile e della giurisdizione

Come visto sopra, per la disciplina dei rapporti contrattuali tra parti di diversi Stati membri secondo il diritto internazionale privato europeo, i due regolamenti più rilevanti sono il Regolamento Roma I sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali e il Regolamento Bruxelles I sulla competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale.

Il Regolamento Roma I (cui il Regno Unito ha aderito nel 2009 con una specifica richiesta di “opt-in”) prevede, come regola principale, che “[i] l contratto è disciplinato dalla legge scelta dalle parti. La scelta è espressa o risulta chiaramente dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso”.

Viene dunque data prevalenza alla libertà di scelta delle parti sulla legge da applicare, che può desumersi eventualmente anche dalle “circostanze del caso”.

Nell’ipotesi in cui, invece, le parti non abbiano definito a quale legge rimettere la disciplina del proprio rapporto contrattuale, il Regolamento prevede diversi criteri per l’individuazione della legge applicabile, che variano a seconda del tipo di contratto.

Ad esempio, per la vendita di beni (mobili) viene prevista l’applicazione della legge del luogo di residenza abituale del venditore, per il contratto “di prestazione di servizi” si applica la legge del luogo di residenza abituale del prestatore di servizi, per i contratti aventi come oggetto diritti reali su immobili, la legge del luogo in cui si trova l’immobile (art. 7, par. 1 Regolamento Roma I).

Come criterio residuale, inoltre, il Regolamento indica la legge del paese con il quale il contratto “presenta il collegamento più stretto” (Art. 4 par. 4).

Vi sono poi regole particolari per alcune tipologie di contratto caratterizzate dalla presenza di un contraente in posizione di debolezza (contratti con i consumatori, di assicurazione e di lavoro individuale), per cui il principio della “libertà di scelta” delle parti conosce delle limitazioni.

Anche le regole sull’individuazione della giurisdizione contenute nel Regolamento Bruxelles I danno importanza alla libera scelta delle parti (art. 25). La clausola di attribuzione della competenza giurisdizionale deve però essere conclusa in forma scritta (o quantomeno essere provata per iscritto), oppure avere un’altra forma concordata dalle parti o in uso nel commercio internazionale. Come per l’individuazione della legge applicabile, la possibilità di individuare per contratto la giurisdizione è limitata in certe ipotesi (contratti con parti “deboli”) o in particolari casi in cui la giurisdizione è necessariamente connessa all’oggetto della controversia e dunque il Regolamento prevede una giurisdizioneesclusiva” (art. 24 – è il caso, ad esempio, del giudice dello Stato in cui si trova l’immobile per una controversia relativa a diritti reali sullo stesso immobile).

Nei casi in cui il foro di riferimento non sia individuato dalle parti, il criterio generale applicabile è quello del giudice del domicilio del convenuto. Per alcune ipotesi, al criterio del domicilio del convenuto si affiancano altri criteri (giurisdizioni “speciali”): tra queste vi è la materia contrattuale, per cui il Regolamento Bruxelles I prevede la competenza della “autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio” (art. 7, par. 1, n. 1) a). Il Regolamento specifica che il luogo di esecuzione è il luogo di consegna dei beni in caso di vendita (di beni mobili) e, in caso di prestazione di servizi, il luogo “in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto” (art. 7, par. 1, n. 1) b).

Gli scenari post-Brexit e gli accorgimenti possibili

Con il suo recesso effettivo dall’Unione europea, il Regno Unito cesserà di essere uno Stato membro e quindi anche i Regolamenti sopra brevemente esaminati non avranno più immediata e diretta applicazione nel suo territorio. Gli scenari possibili per i rapporti con imprese britanniche (o comunque basati su contratti che prevedono l’applicazione della legge e della giurisdizione del Regno Unito) variano a seconda della conclusione o meno di un accordo tra Unione europea e Regno Unito a disciplina dell’uscita.

Il testo dell’accordo negoziato dalle parti negli ultimi mesi (ma – come noto – non ancora definitivamente accettato dal Regno Unito) prevede in sostanza che le regole sull’individuazione di legge applicabile e giurisdizione continueranno a valere come in precedenza per tutto il “periodo di transizione”in cui l’Unione europea e Regno Unito definiranno nel dettaglio i propri futuri rapporti” (cioè fino al 31 dicembre 2020).

In caso di uscita senza accordo (cd. “no-deal Brexit”), così come nel caso in cui non vi siano nuovi specifici accordi sulle materie viste al termine periodo di transizione, la situazione sarebbe più problematica, in quanto i Regolamenti di cui ai paragrafi precedenti smetterebbero di applicarsi al Regno Unito, che diventerebbe a tutti gli effetti uno “Stato terzo”. In tale scenario, per verificare la legge e la giurisdizione applicabile ad un contratto, bisognerebbe fare riferimento innanzitutto ad eventuali altre convenzioni internazionali che vedono U.E. (o singoli Stati membri) e Regno Unito come parti. Per alcuni commentatori potrebbero essere comunque considerate come vigenti la Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile e la Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla giurisdizione (da cui “discendono” i rispettivi regolamenti europei esaminati sopra), cui il Regno Unito e gli Stati U.E. avevano a suo tempo aderito. Se tale impostazione (che non sembra condivisa da molti commentatori né dalla stessa Commissione europea) non sarà considerata applicabile, dovranno invece esserci altre soluzioni.

Per quanto riguarda la legge applicabile, vi è da dire che il Regolamento Roma I prevede in generale la validità dei criteri da esso stabiliti (primo fra tutti la libertà di scelta delle parti) anche quando la legge interessata (art. 2 Regolamento) e una o più parti coinvolte siano di un paese terzo. Si può dunque ritenere che le regole del Regolamento Roma I potranno continuare ad essere applicate nei rapporti con imprese britanniche anche dopo Brexit.

Sulla giurisdizione il discorso è più complesso, in quanto il Regolamento Bruxelles I non prevede la stessa applicazione “universale” del Regolamento Roma I. Considerando anche le indicazioni della Commissione europea in materia, si può affermare che per le controversie pendenti alla data di uscita del Regno Unito il Regolamento Bruxelles I continuerà ad applicarsi, mentre per le controversie avviate successivamente troverà applicazione la Convenzione dell’Aja del 2005 (ma solo in relazione alla giurisdizione esclusiva concordata dalle parti con una clausola conclusa dopo l’uscita del Regno Unito) o, in ultima analisi, le regole nazionali di diritto internazionale privato previste nello Stato del giudice adito. La legge italiana (la già citata l. n. 218/1995) sul punto fa peraltro riferimento alla Convenzione di Bruxelles del 1968 e alla possibilità per le parti di individuare contrattualmente il foro di riferimento (con un accordo da provare per iscritto).

Proprio nelle ore in cui scriviamo, il Governo del Regno Unito e la Commissione europea hanno annunciato di aver trovato una nuova intesa su alcuni punti particolarmente critici dell’“accordo di recesso” che dovrebbe disciplinare i rapporti tra U.K. e Unione europea dal 1° novembre 2019. La prospettiva – descritta sopra – di uscita “concordata”, con una disciplina dei profili di diritto sostanzialmente senza modifiche rispetto alla situazione attuale perlomeno durante il “periodo di transizione”, risulta dunque attualmente più probabile rispetto a qualche settimana fa. La nuova versione dell’accordo dovrà però essere approvata dal Parlamento europeo e – soprattutto – dal Parlamento del Regno Unito, il quale, come noto, ha già bocciato diverse volte nei mesi scorsi gli accordi negoziati dal Governo britannico con l’U.E.

Alla luce di tale complessa situazione, è in ogni caso decisamente consigliabile per le imprese che intrattengono rapporti con controparti del Regno Unito la conclusione (o la rinnovazione) – se e quando l’uscita del Regno Unito diventerà effettiva – di clausole contrattuali specifiche che individuino quantomeno la giurisdizione esclusiva in caso di controversie in modo più chiaro possibile, per evitare di lasciare tale importante profilo nell’incertezza. Ovviamente l’assistenza di legali specializzati in materia può risultare fondamentale, soprattutto per evitare sorprese in caso di contenzioso.

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