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SPL ed in house: la decisione di costituire la società non corrisponde (necessariamente) all’affidamento del servizio, chiarisce il Consiglio di Stato

SPL ed in house: la decisione di costituire la società non corrisponde (necessariamente) all’affidamento del servizio, chiarisce il Consiglio di Stato

È noto che il principale obiettivo della Pubblica Amministrazione sia, in generale, quello di realizzare lavori od offrire beni e servizi per la collettività, rispondendo ad esigenze proprie di quest’ultima. Nel fare ciò, l’amministrazione può ricorrere a diverse forme di approvvigionamento, tra cui l’affidamento a imprese terze presenti sul mercato oppure il conferimento diretto di prestazioni a soggetti controllati mediante la formula del cd. in house providing.

Con tale termine viene fatto riferimento all’autoproduzione di beni, servizi e lavori da parte della p.a., la quale, in sintesi, stipula un contratto direttamente con un altro soggetto, formalmente privato ma da essa controllato come se fosse parte della propria struttura (in house, appunto), evitando di ricorrere al mercato. Proprio per questo, nell’in house providingl’amministrazione può concludere il contratto direttamente, senza dunque scegliere il soggetto a cui affidare servizi, lavori e forniture tramite una procedura ad evidenza pubblica.

Come detto, si tratta di una facoltà rimessa alla valutazione della singola amministrazione, anche se soggetta a particolari oneri di motivazione e di istruttoria, ai sensi di diverse previsioni normative dell’ordinamento italiano. Per quanto riguarda il codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023), la disposizione all’art. 7, pur affermando il principio di auto-organizzazione delle stazioni appaltanti, consente di ricorrere ad un affidamento diretto in house solo a fronte di un procedimento specifico. Segnatamente, l’Amministrazione deve concretamente verificare – nelle more di un’apposita e puntuale istruttoria – i vantaggi per la collettività, le connesse esternalità e la congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche Tra gli elementi da accertare, inoltre, vi è l’eventuale presenza di altri operatori privati che operano nello stesso settore in grado di fornire il servizio richiesto a condizioni migliori (cfr. ANAC, Atto del Presidente del 18 maggio 2022).

Si tratta di un’istruttoria necessaria poiché, come detto, l’affidamento in house si caratterizza per l’assenza di qualsivoglia procedura ad evidenza pubblica, con tutte le relative conseguenze in termine di riduzione della concorrenza. Tale istruttoria è spesso, ma non sempre, collegata con gli adempimenti richiesti dal Testo unico sulle società a partecipazione pubblica (d.lgs. n. 175/2016) per la costituzione di una nuova società da parte di un ente pubblico, oppure l’adesione a società già esistenti, o ancora la trasformazione delle stesse società. In questi casi, il Testo unico impone valutazioni e motivazioni specifiche a giustificazione della scelta, che possono corrispondere alle motivazioni alla base di un affidamento in house quando lo scopo dell’ente sia quello di costituire con questo schema un rapporto contrattuale con la società. Tuttavia, l’atto con cui l’ente socio costituisce, trasforma, o aderisce alla società non è necessariamente il medesimo con cui si affida alla società il contratto.

Ed è proprio tenendo presente quest’ultimo punto che occorre interrogarsi sulle modalità con cui la decisione assunta dalla pubblica Amministrazione di costituire una società in house e di affidare il relativo servizio alla stessa società in house possa essere contestata. Sulla questione è intervenuto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 8898 del 6 novembre 2024 fornendo utili elementi chiarificatori. In particolare, nel caso sottoposto all’attenzione del Collegio, un Comune aveva effettuato un’operazione di riorganizzazione di un gruppo di società esistenti al fine di rendere una società da mista (ossia con partecipazione pubblica e privata) conforme ai requisiti delle società in house – nella specie, controllo analogo e partecipazione integrale da parte di enti pubblici. La scelta era finalizzata all’affidamento diretto in house del servizio di gestione dei rifiuti comunale alla società in questione. La delibera del Consiglio comunale che ha approvato l’operazione è stata impugnata da un’impresa del settore, interessata a sua volta ad ottenere l’aggiudicazione del menzionato servizio all’esito di una procedura ad evidenza pubblica. In particolare, la ricorrente ha contestato la mancanza di un’istruttoria adeguata secondo quanto imposto dal Testo unico sulle società a partecipazione pubblica, nonché il difetto dei requisiti per ricorrere all’affidamento in house.

L’impugnazione, però, è stata dichiarata inammissibile sia in primo grado che in appello, poiché carente del necessario interesse diretto, concreto e attuale, connesso all’impugnazione degli atti di costituzione della società in house. In dettaglio, il Consiglio di Stato ha chiarito che, fermo restando l’obbligo dell’Amministrazione di eseguire la puntuale istruttoria sopra richiamata, la mera costituzione di una società in house non legittima sempre l’immediata impugnazione degli atti dell’Amministrazione; anzi, a ben vedere:

  • solo quando gli atti di costituzione della società in house contengano, in maniera univoca ed inequivocabile, la volontà dell’Amministrazione di ricorrere esclusivamente all’affidamento diretto in house è allora possibile procedere alla loro diretta impugnazione. Ciò in quanto, soltanto quando la delibera di costituzione della società è già di per sé vincolante per il futuro affidamento del servizio, la stessa può essere ritenuta immediatamente lesiva e quindi impugnabile. In sintesi, possono essere immediatamente impugnati “provvedimenti che dispongono i concreti affidamenti diretti delle commesse […] in spregio alla normativa euro-unitaria e nazionale, oppure, al limite, quegli atti che preordinano in modo vincolante la necessità di consimili affidamenti in violazione di ogni normativa concorrenziale” (Cons. Stato, Sez. IV, 3 giugno 2021, n. 4235);
  • diversamente, quando la delibera di costituzione della società prevede che l’affidamento diretto in house costituisca solo una futura possibilità – come nel caso oggetto di valutazione da parte del Consiglio di Stato –, subordinata altresì allo svolgimento delle verifiche di applicazione della normativa in materia di servizi pubblici locali (d.lgs. n. 201/2022), viene allora a mancare qualsivoglia carattere di lesività degli atti costitutivi societari. In sintesi, la mera costituzione della società in house non è, di per sé, una causa di immediata lesione agli interessi del mercato poiché tale lesione si verifica unicamente con la “successiva delibera di affidamento del servizio”.

Si tratta di principi oltremodo rilevanti, soprattutto per le imprese che, con l’avvento della disciplina dei servizi pubblici locali, potrebbero vedere una notevole riduzione del mercato aggravato dall’aumento del ricorso agli affidamenti diretti in house da parte delle Pubbliche Amministrazioni. Tuttavia, affidandosi a esperti del settore, sarà possibile monitorare la legittimità delle scelte operate dalle stazioni appaltanti e impugnare eventuali affidamenti in house che risultino non conformi alla normativa di settore. In tal senso, il nostro studio, costantemente aggiornato sugli sviluppi della disciplina, è a disposizione degli operatori per approfondire eventuali posizioni afflitte da possibili illegittimità dell’operato della Pubblica Amministrazione.

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