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Cinque mesi di “salva casa”, tra opportunità e limiti

Cinque mesi di “salva casa”, tra opportunità e limiti

Alla fine del maggio scorso veniva pubblicato il d.l. n. 69/2024, con cui il Governo si poneva l’obiettivo esplicito di offrire soluzioni per difformità edilizie di per sé non significative, ma che rischiano comunque di ostacolare la riqualificazione e la commercializzazione di immobili, in particolare nel settore residenziale. Per questo, il decreto è stato subito ribattezzato Decreto “salva casa” – probabilmente con una formula un po’ troppo altisonante anche per un contesto politico abituato a un linguaggio simile.

Il d.l. è stato poi convertito in legge lo scorso luglio, con una serie di ulteriori modifiche che ne hanno ritoccato il contenuto, sempre con la finalità di semplificare norme e procedimenti per regolarizzare difformità edilizie e superare limiti all’uso di immobili.

Oggi si può dunque, da un lato, avere un quadro completo delle modifiche introdotte dalla riforma (che coinvolgono diverse norme del Testo unico dell’edilizia – d.P.R. n. 380/2001) e, dall’altro, cominciare a valutare i suoi effetti in concreto.

In sintesi, le modifiche più interessanti introdotte dalla riforma “Salva Casa” sono:

  • la sanatoria di abusi non importanti (qualificabili come “difformità parziali” o “variazioni essenziali” rispetto a un titolo abilitativo esistente) è possibile con una procedura semplificata, percorribile anche se le opere esistenti non sono conformi alle previsioni urbanistiche vigenti al momento della loro realizzazione e/o alle regole edilizie attuali; viene reso possibile, inoltre, che il Comune autorizzi la sanatoria anche in forma “condizionata”, richiedendo che siano realizzate delle opere volte a garantire il rispetto dei requisiti di sicurezza e/o siano eliminate le opere non sanabili;
  • per le difformità parziali rispetto a titoli emessi prima del 30 gennaio 1977 (entrata in vigore della legge cd. Bucalossi n. 10/1977), risultanti da varianti in corso d’opera la cui data di realizzazione – se impossibile da provare con documentazione – può essere attestata da un tecnico, non è necessaria nemmeno la conformità a previsioni urbanistiche attuali o edilizie dell’epoca;
  • per le sanatorie di cui sopra in forma di permesso di costruire non è necessario un provvedimento di autorizzazione espresso da parte del Comune competente, se questo non si pronuncia nel termine di legge di quarantacinque giorni (si applica, cioè, il cd. “silenzio-assenso”); per le sanatorie in forma di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) si applica il termine ordinario per i controlli previsto per la SCIA in materia edilizia (30 giorni);
  • sono considerate “tolleranze” costruttive, ossia entro il margine per cui la differenza tra quanto autorizzato e quanto effettivamente costruito non viene considerata abusiva, le parziali difformità realizzate nel corso di lavori, effettuati in ragione di un titolo abilitativo, accertate da funzionari incaricati di verificare la conformità edilizia dell’immobile, ma rispetto a cui non siano seguiti ordini di demolizione o riduzione in pristino e sia staro rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità;
  • per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 vengono estese le dimensioni delle “tolleranze” costruttive: si arriva fino al 6% delle misure autorizzate per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati;
  • viene data la facoltà ai Comuni di prorogare il termine di adempimento degli ordini di demolizione fino a un massimo di duecentoquaranta giorni, in presenza di serie e comprovate esigenze di salute, di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico;
  • i Comuni possono alienare le opere abusive e l’area di sedime acquisite gratuitamente per mancato adempimento di un ordine di demolizione da parte del responsabile dell’abuso o del proprietario, a condizione che l’acquirente – che non può essere il responsabile dell’abuso – provveda alla rimozione delle opere abusive stesse;
  • viene previsto che lo stato legittimo dell’immobile – ossia le caratteristiche dell’immobile considerate “autorizzate” dal Comune – possa derivare dal titolo in base a cui è stato effettuato l’ultimo intervento edilizio relativo all’intero immobile (o all’intera unità immobiliare), a condizione che l’amministrazione, in occasione di tale ultimo intervento, abbia verificato la legittimità dei titoli precedenti;
  • in assenza di una disciplina regionale più favorevole, gli interventi di recupero dei sottotetti sono ammessi anche quando non consentano di per sé il rispetto delle distanze minime tra edifici previste nel caso di specie, a condizione che siano comunque rispettate le distanze vigenti all’epoca di costruzione dell’edificio, non sia modificata nella forma e nella superficie l’area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali, e sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo abilitativo;
  • per i tecnici è possibile presentare una segnalazione di agibilità assevando la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie, anche in ipotesi di locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri – fino a un limite massimo di 2,40 metri – e di alloggi monostanza con superficie minima fino ai 20 metri quadrati (per una persona) o fino ai 28 metri quadrati (per due persone); le dimensioni sopra indicate sono ammissibili solo nel caso in cui sia comunque soddisfatto il requisito dell’adattabilità, ai sensi della normativa nazionale sul superamento delle barriere architettoniche e gli edifici siano oggetto di interventi di recupero edilizio (o di progetti di ristrutturazione per il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie.

Come si può intuire dalle misure elencate, le novità normative sono diverse e potenzialmente utili a raggiungere l’intento semplificatorio del legislatore. Tuttavia (e anche questo forse si può intuire dal riassunto sopra), rimangono diversi aspetti della disciplina con requisiti specifici – che possono rivelarsi più stringenti del previsto – a volte incerti e ambigui, oltre che potenzialmente in conflitto con previsioni già vigenti nelle leggi regionali.

Per tali ragioni, al momento gli effetti concreti e i casi di attuazione del Salva Casa risultano tutto sommato limitati, anche per il ritardo con cui – forse proprio a causa delle incertezze appena menzionate – Regioni ed enti locali stanno prendendo atto delle nuove norme, aggiornando modulistica e indicazioni di prassi.

In tale contesto, è notizia di questi giorni che il Governo sta già pensando comunque ad una nuova riforma del Testo unico dell’edilizia, di portata (ancor) più generale.

Per districarsi nelle continue modifiche normative (recenti e future) e nella complessità delle diverse discipline, è fondamentale l’assistenza di professionisti legali e tecnici, che possano valutare i singoli casi concreti e considerare le reali possibilità alla luce delle regole applicabili: il nostro studio ha un’ampia expertise in materia, oltre a poter contare su una rete di tecnici con cui collaboriamo in modo stabile, per affrontare la complessità del settore con le competenze necessarie.

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