Gli incentivi volumetrici e gli “sconti” sugli oneri previsti dalla nuova legge lombarda di rigenerazione urbana e territoriale per il recupero di edifici ed aree dismesse (1)
| L’articolo è stato pubblicato con altro titolo (e qualche piccola modifica) su Requadro.com il 4 febbraio 2020. |
La recente legge della Regione Lombardia 26 novembre 2019, n. 18 introduce importanti innovazioni alla disciplina regionale sul governo del territorio, incentrate sulla “rigenerazione” e sul recupero dell’esistente.
Vediamo in questo articolo quali sono le novità in sintesi: una prima parte dell’articolo sarà dedicata ad una panoramica delle nuove previsioni in tema di rigenerazione e recupero, mentre nella seconda parte che sarà pubblicata la settimana prossima evidenzieremo in particolare le novità che riguardano più direttamente gli interventi di incremento dell’efficienza energetica degli edifici, nonché alcune previsioni relative alle destinazioni d’uso e le norme di carattere finanziario.
La rigenerazione e i suoi obiettivi
La nuova legge regionale ha l’obiettivo dichiarato di favorire lo sviluppo sostenibile attraverso la rigenerazione “urbana e territoriale”. In questo senso, richiama (e integra) le previsioni di un’altra importante legge della Lombardia sul governo del territorio e la tutela dell’ambiente negli ultimi anni, la l.r. n. 31/2014 sulla riduzione del consumo di suolo.
La legge 31/2014 conteneva già una definizione di “rigenerazione urbana”, intesa come l’insieme di interventi urbanistico-edilizi e di iniziative sociali che includono la riqualificazione dell’ambiente costruito e la riorganizzazione dell’assetto urbano. La nuova legge integra tale definizione con l’aggiunta di riferimenti espliciti a “la sostituzione, il riuso […] dell’ambiente costruito”, “il recupero delle aree degradate, sottoutilizzate o anche dismesse”, nonché alla “sostenibilità e di resilienza ambientale e sociale” e all’innovazione tecnologica.
Inoltre, la legge n. 18/2019 introduce la definizione di “rigenerazione territoriale”, caratterizzata da una dimensione sovralocale (più ampia della rigenerazione urbana) e non limitata ai contesti urbani, con “azioni” volte in particolare “a salvaguardare e ripristinare il suolo e le sue funzioni ecosistemiche e a migliorare la qualità paesaggistica ed ecologica del territorio, nonché dei manufatti agrari tradizionali”.
La prima disposizione della nuova legge attribuisce alla rigenerazione e all’insieme – potenzialmente molto, forse troppo, ampio – di interventi e azioni che la definiscono obiettivi altrettanto ampi e ambiziosi, nell’ottica dello sviluppo sostenibile: la riduzione del consumo di suolo, il miglioramento della “qualità funzionale, ambientale e paesaggistica dei territori e degli insediamenti”, nonché delle “condizioni socio-economiche della popolazione”.
La rigenerazione urbana e la rigenerazione territoriale vengono inserite tra gli elementi caratterizzanti del governo del territorio nella legge regionale fondamentale dedicata alla materia (l.r. n. 12/2005), insieme a “la sostenibilità ambientale e, in particolare, il risparmio di risorse territoriali, ambientali ed energetiche e il riuso di materia in un’ottica di economia circolare”.
Le nuove previsioni sulla rigenerazione e il recupero
La nuova legge lombarda persegue i suoi ambiziosi obiettivi intervenendo sia sulle competenze pianificatorie e di indirizzo di Regione ed enti locali, sia con nuove forme di incentivo (sotto forma di bonus e penalizzazioni sulla capacità edificatoria e sugli oneri edilizi) per indirizzare gli investimenti privati quanto più possibile verso aree ed edifici già esistenti e da recuperare.
1. La pianificazione regionale e locale
Per prima cosa, si nota una maggiore definizione del ruolo della Regione come centro di coordinamento e indirizzo della pianificazione di livello locale nella prospettiva della rigenerazione e del recupero. In quest’ottica, viene ad esempio integrata una previsione già contenuta nella legge regionale sul consumo di suolo del 2014 in relazione al piano territoriale regionale (PTR): il PTR deve comprendere ora anche “specifici criteri riguardanti, in particolare, le caratteristiche delle aree della rigenerazione, nonché le strategie, gli strumenti e le modalità di attuazione alle diverse scale regionale, d’area vasta e comunale”.
Inoltre, la Regione ha il compito – tramite il Sistema Informativo Territoriale – di coordinare la condivisione delle informazioni relative alle aree in cui possono avviarsi processi di rigenerazione, con enti territoriali, pubbliche amministrazioni, operatori di settore, professionisti e cittadini. Nello stesso senso, la Regione promuove la pianificazione coordinata dei Comuni ai fini di un uso più razionale del suolo, anche attraverso lo strumento dei piani associati tra più Comuni (già introdotti da l.r. 31/2014).
Un livello più accentuato di cooperazione tra Regione e Comuni può aversi attraverso veri e propri accordi per lo sviluppo di ambiti di rigenerazione urbana in cui i Comuni siano coinvolti come proprietari o titolari di diritti reali. Tali accordi possono anche enti o società controllati dalla Regione (parte del cd. “sistema regionale”): in particolare, le società partecipate dalla Regione, titolari di specifiche competenze ed esperienze in progetti di rigenerazione urbana, possono essere direttamente coinvolte anche finanziariamente, con accordi di partenariato pubblico-privato, nel rispetto della normativa in materia.
Più in generale, gli strumenti del partenariato pubblico-privato e della programmazione negoziata previsti dalla normativa statale e regionale vengono citati come strumenti per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione del consumo di suolo e di rigenerazione.
Il coordinamento tra Comuni – attraverso i piani associati – può anche riguardare la cessione di capacità edificatoria secondo i criteri della perequazione urbanistica: viene infatti potenziata la possibilità di prevedere forme di perequazione intercomunale (già prevista in precedenza), anche mediante l’istituzione di fondi appositi e di registri dei diritti edificatori a livello sovracomunale gestiti da Province e Città Metropolitana. I diritti edificatori ottenuti tramite perequazione e compensazione hanno come destinazione privilegiata proprio gli ambiti di rigenerazione urbana.
I Comuni devono adeguare alle nuove previsioni il proprio piano di governo del territorio (PGT) alla prima scadenza dei documenti di piano che ne fanno parte, salvo che per i Comuni con meno di 2.000 abitanti, i quali hanno una scadenza prestabilita (24 mesi) a decorrere dall’aggiornamento del PTR. Fino all’adeguamento del PGT, in ogni caso, i Comuni devono individuare con apposita delibera del Consiglio comunale gli ambiti in cui avviare processi di rigenerazione urbana e territoriale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della nuova legge. Con riferimento agli ambiti di rigenerazione, la stessa deliberazione consiliare deve contenere previsioni per la semplificazione procedimentale, l’agevolazione e promozione della rigenerazione anche dal punto di vista tecnico, oltre all’individuazione di “usi temporanei” ammessi negli ambiti.
Sempre con riguardo alla pianificazione comunale, la nuova legge contiene:
- alcune precisazioni sui contenuti della “carta del consumo del suolo”, documento introdotto dalla l.r. n. 31/2014 per l’individuazione – in termini generali – delle aree agricole e delle aree dismesse nel territorio comunale, da inserire obbligatoriamente nel piano delle regole parte del PGT per potere autorizzare qualsiasi nuovo intervento con consumo di suolo;
- il riferimento specifico alla rigenerazione urbana come possibile oggetto dei programmi integrati di intervento comunali (art. 87 l.r. 12/2005), anche già approvati o in corso di esecuzione, con la possibilità di attuazione “graduale” dei programmi e di equiparare, all’interno di essi, le aree industriali dismesse alle aree dismesse destinate a mobilità, impianti ferroviari o tecnologici in dismissione, anche ai fini anche del recupero della capacità edificatoria.
2. Le norme sugli incentivi urbanistici ed edilizi
Come anticipato, la legge regionale n. 18/2019 introduce anche nuove forme di incentivo legate più o meno direttamente all’obiettivo dell’incremento della rigenerazione urbana e del recupero edilizio.
In generale, la previsione già esistente della l.r. n. 12/2005 sull’incentivazione urbanistica viene modificata aumentando l’incremento dell’indice di edificabilità previsto dal PGT comunale – a quanto pare obbligatoriamente (in precedenza invece la previsione poteva essere adottata o meno a seconda delle determinazioni dell’ente locale). Nello specifico, l’incremento diventa del 20% (mentre prima era il 15%) ed è legato a dei criteri che saranno individuati dalla Giunta regionale sulla base delle ipotesi previste dalla disposizione stessa.
Con la stessa finalità, vengono previste riduzioni significative (almeno del 50%, con possibilità per i Comuni di incrementare la percentuale) del contributo di costruzione per gli interventi di ristrutturazione urbanistica negli ambiti individuati come di “rigenerazione” dagli strumenti urbanistici comunali. Riduzioni simili verranno previste sugli oneri di urbanizzazione e i contributi di costruzione per interventi aventi finalità “virtuose” (simili a quelle previste per l’applicazione dell’incentivazione volumetrica vista sopra). Anche in questo caso le riduzioni si basano su criteri che saranno stabiliti dalla Giunta regionale. La nuova legge specifica inoltre che gli interventi di ristrutturazione edilizia, demolizione e ricostruzione, o ampliamento con utilizzo di premialità di diritti edificatori, gli oneri di urbanizzazione previsti sono quelli per gli interventi di nuova costruzione diminuiti del 60%.
Simmetricamente, vengono previsti degli aggravi del contributo di costruzione per attività edilizie di particolare impatto (es. che prevedono nuovo consumo di suolo), con gli importi ottenuti da destinarsi a misure compensative.
Sono previste infine possibili deroghe alle previsioni ordinarie urbanistiche ed edilizie, riduzioni significative al contributo di costruzione e la possibilità di ottenere capacità edificatoria per il recupero, anche con uso diverso da quello storico, di immobili dismessi da oltre cinque anni e “con criticità”, individuati dal Comune entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge o – in caso di inerzia dell’ente locale – dai proprietari. Previsioni simili riguardano anche il recupero di edifici rurali dismessi e abbandonati.