Il punto sulla nuova disciplina in materia di in house providing
Il 15 gennaio 2018, dopo diverse proroghe, hanno avuto finalmente inizio le attività per l’effettiva costituzione dell’elenco degli enti che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house tenuto dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), che incomincerà ad accogliere le richieste di iscrizione all’elenco stesso. Tale elenco è una delle novità che contraddistinguono la disciplina di questo particolare settore, disciplina oggi basata su due centri di riferimento legislativi fondamentali: il codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) e il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs. n. 175/2016), entrambi modificati da interventi correttivi nel corso del 2017. L’elenco è un nuovo strumento di controllo che si aggiunge ai poteri di altre autorità amministrative e può contribuire a rendere più razionale e conforme ai parametri normativi l’universo delle partecipate pubbliche.
- La disciplina sugli affidamenti in house nel codice dei contratti pubblici
La nozione di in house providing (o affidamento in house) nasce, come noto, in ambito europeo come ipotesi eccezionale attraverso cui un ente normalmente soggetto alla disciplina in materia di contratti pubblici può prescindere dalla sua applicazione in caso di affidamenti ad un soggetto con caratteristiche tali da poter essere considerato, di fatto, equivalente ad un’articolazione interna dell’ente affidante. Tali caratteristiche sono state individuate e hanno trovato un consolidamento nella giurisprudenza della Corte di Giustizia U.E. per essere da ultimo codificate, con qualche novità, nelle direttive europee in materia di contratti pubblici del 2014. Nell’ordinamento interno italiano, gli elementi che caratterizzano gli affidamenti in house sono contenuti, innanzitutto, nell’atto che ha recepito le direttive europee del 2014, ossia il codice dei contratti pubblici. All’art. 5 il codice prevede infatti l’esclusione dal suo ambito applicativo dei contratti affidati da un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore ad una persona giuridica di diritto pubblico o privato, in presenza delle seguenti condizioni:
- l’esercizio di un controllo da parte dell’affidante sull’affidatario analogo a quello esercitato sui propri servizi (requisito del controllo analogo);
- lo svolgimento di una quota maggioritaria delle attività del soggetto affidatario (quantificata dalle direttive e dal codice in una percentuale di attività superiore all’80%, da calcolarsi di regola sul fatturato medio degli ultimi tre anni) «nello svolgimento dei compiti» affidati dal soggetto controllante (requisito dell’attività prevalente);
- l’assenza di partecipazioni di privati nel soggetto affidatario controllato, a meno che, sulla base delle novità introdotte dalle direttive, non siano previste da disposizioni di legge (anche se le direttive – e il testo unico sulle società partecipate – parla di partecipazioni “prescritte” dalla legge) e, in ogni caso, senza che la partecipazione del privato possa tradursi nell’esercizio di un’influenza determinante (requisito della proprietà pubblica).
L’art. 5 specifica poi la nozione di controllo analogo, ossia l’esercizio di «un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata» e ammette esplicitamente le forme di in house con controllo analogo indiretto o “a cascata” (ossia tramite soggetti a loro volta controllati), rovesciato (per il caso in cui è il soggetto controllato ad affidare un contratto al soggetto controllante), con controllo analogo congiunto (esercizio del controllo da parte di più soggetti, tutti rappresentati negli organi della persona giuridica controllata, che possono esercitare un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e le decisioni significative della stessa, senza che vi siano interessi contrastanti tra ente controllato ed enti controllanti).
Il codice italiano però include ulteriori previsioni in tema di in house providing che non derivano dalla disciplina europea: l’art. 192 dispone infatti l’istituzione presso l’ANAC del già citato elenco, in forma telematica, degli enti che operano mediante «società in house» (la previsione in questo caso menziona dunque solo le società), cui si acceda tramite richiesta dei soggetti interessati e previa verifica della sussistenza dei requisiti da parte della stessa ANAC. La stessa disposizione impone inoltre una valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house in caso di affidamento di servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza. A tale valutazione deve corrispondere una motivazione in cui si indichino «le ragioni del mancato ricorso al mercato e i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».
Completano la disciplina codicistica specificamente dedicata all’in house una previsione sull’obbligo di pubblicazione di tutti gli atti relativi ad affidamenti tra soggetti nell’ambito del settore pubblico e una disposizione dedicata alle società di progetto per la realizzazione di opere pubbliche attraverso accordi tra più amministrazioni (art. 193).
- La disciplina sulle società in house nel testo unico
Come sopra accennato, le previsioni contenute nel codice dei contratti pubblici vanno coordinate con quelle inserite nel testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al d.lgs. n. 175/2016. L’art. 16 del testo unico è infatti dedicato alle «società in house» e contiene alcune precisazioni innovative in merito alle modalità di esercizio del controllo analogo e al requisito dell’attività prevalente.
Riguardo al primo profilo, la disposizione specifica che, per disciplinare l’esercizio del controllo analogo nell’ambito degli strumenti propri del diritto societario, si possono introdurre deroghe statutarie al principio di autonomia della gestione societaria da parte degli amministratori nella s.p.a., mentre nel caso di s.r.l. si possono attribuire particolari diritti ai soci sulla base dell’art. 2480 del codice civile. Per soddisfare i requisiti del controllo analogo, si possono inoltre porre in essere patti parasociali di durata anche superiore ai cinque anni imposti ordinariamente.
Per quanto concerne il limite dello svolgimento di almeno l’80% dell’attività a favore dell’amministrazione controllante (soglia calcolata sul fatturato e da inserire nello statuto societario), il testo unico introduce, da un lato, una deroga alla soglia stabilita a livello europeo, purché giustificata dalla finalità di conseguire «economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale» e, dall’altro, la possibilità di sanare l’irregolarità in caso di mancato rispetto della stessa soglia, attraverso la soluzione dei contratti che determinano la violazione o la rinuncia agli affidamenti diretti in house. Nessuna delle possibilità descritte è prevista dalle direttive sui contratti pubblici: la scelta del legislatore italiano non sembra dunque del tutto immuni da rilievi relativi alla compatibilità con il diritto europeo.
Un’altra previsione importante contenuta nel testo unico riguarda il limite al tipo di attività che può essere esercitata da una società in house: gli oggetti sociali ammessi in via esclusiva (ed eventualmente anche cumulativa) sono infatti l’esercizio di un servizio di interesse generale, la progettazione e realizzazione di un’opera pubblica, l’erogazione di servizi strumentali o di servizi di committenza (art. 4, comma 4 del testo unico).
- Le linee guida dell’ANAC sull’elenco degli affidamenti in house
Come anticipato sopra, una delle novità significative relative alla disciplina in materia di affidamenti in house riguarda la costituzione, a cura dell’ANAC, di un elenco degli enti che si servono di tale strumento. La disciplina specifica di tale elenco è contenuta nelle “linee guida n. 7 di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50”, approvate lo scorso settembre nella versione aggiornata rispetto alle modifiche intervenute sul codice dei contratti pubblici.
Dal testo delle linee guida sembra di comprendere che l’elenco riguarderà gli affidamenti nei confronti di qualsiasi «organismo» in house (e non solo quindi nei confronti delle società, come sembra prescrivere la lettera dell’art. 192, richiamato nel titolo delle linee guida stesse).
Le linee guida contengono le indicazioni procedurali per l’iscrizione all’elenco, soffermandosi per prima cosa sulle informazioni che devono essere incluse all’interno della domanda di accesso, la quale, in caso di controllo congiunto su uno stesso organismo, deve essere unica per tutti gli enti partecipanti.
L’attività valutativa dell’ANAC viene avviata entro trenta giorni dalla ricezione della domanda e si conclude al massimo entro centottanta giorni dall’avvio (considerando le eventuali necessità di chiarimenti e approfondimenti istruttori). Le linee guida specificano però che nella fase di avvio del sistema possono prevedersi termini più lunghi.
Nel caso venga accertata la mancanza dei requisiti per l’iscrizione all’elenco viene assegnato un termine di trenta giorni per la presentazione di ulteriori deduzioni o documenti, e un ulteriore termine di sessanta giorni per eliminare le cause ostative.
L’accertamento negativo definitivo comporta il divieto di nuovi affidamenti e la possibilità di ANAC di agire (attraverso un parere motivato ed un eventuale ricorso giurisdizionale in mancanza di adeguamento, ex art. 211 del codice dei contratti pubblici) per interrompere gli affidamenti in corso di esecuzione. Rimane salva però la possibilità di chiedere nuovamente l’iscrizione all’elenco una volta eliminate le cause ostative.
Da una lettura complessiva di tali regole procedurali sembra dunque essere ammessa la possibilità di rimediare alla mancanza di requisiti per gli affidamenti in house in corso di esecuzione, superando così un orientamento giurisprudenziale che valutava la legittimità dell’affidamento basandosi sulla situazione esistente al momento dell’avvio dello stesso.
La verifica dei presupposti riguarda, nello specifico:
- l’ammissibilità dell’attività svolta alla luce dei limiti imposti dal testo unico;
- la sussistenza del controllo analogo, che deve riguardare la programmazione (controllo ex ante), l’indirizzo e il controllo sull’attività (controllo contestuale), e infine la rendicontazione (controllo ex post). L’ANAC fornisce un elenco esemplificativo di possibili poteri sociali e previsioni statutarie dai cui si può desumere la sussistenza del controllo analogo. L’onere della prova relativo all’esistenza del controllo analogo è attribuito al richiedente;
- l’osservanza del limite dell’80% del fatturato (fatte salve le possibilità di derogare il limite e sanare la situazione di fatto sopra richiamate);
- l’assenza di partecipazioni di privati (salvo casi prescritti dalla legge).
Da ultimo, le linee guida impongono di comunicare ogni variazione significativa e disciplinano la procedura nel caso in cui siano accertate mancanze o si verifichino perdite di requisiti. Anche in questo caso viene concesso un termine per deduzioni e un’ulteriore termine per eliminare la causa ostativa, decorsi inutilmente i quali l’ANAC procede alla cancellazione dall’elenco, con il conseguente divieto di effettuare nuovi affidamenti e le conseguenti eventuali iniziative di ANAC per ottenere l’interruzione di quelli in essere.
Da quanto descritto si può comprendere come i poteri attribuiti all’ANAC in connessione con la gestione dell’elenco possano diventare molto significativi e idonei a rendere più coerenti gli assetti di governance e contrattuali di diverse realtà (soprattutto societarie) titolari di affidamenti in house. L’iscrizione all’elenco è dunque un atto che va predisposto con la necessaria attenzione, rivolgendosi a legali e professionisti specializzati e pronti ad affrontare le complessità del settore. In questo contesto, l’elenco degli affidamenti in house può diventare anche un utile strumento informativo anche per le amministrazioni socie, da cui partire per ideare percorsi di integrazione e apertura al mercato, nell’ambito dei processi di razionalizzazione imposti dalla normativa sulle società partecipate.