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Stato, Regioni e Comuni affrontano a colpi di DPCM e ordinanze l’emergenza coronavirus: solo uno – forse – prevarrà (Riflessioni a caldo sul Decreto Legge 25 marzo 2020, n. 19)

Stato, Regioni e Comuni affrontano a colpi di DPCM e ordinanze l’emergenza coronavirus: solo uno – forse – prevarrà (Riflessioni a caldo sul Decreto Legge 25 marzo 2020, n. 19)

La quotidianità di individui, enti pubblici e aziende è stata stravolta nelle ultime settimane dalle (doverose) misure di limitazione della libertà di movimento e di iniziativa economica privata adottate da Stato, Regioni e Comuni per contenere la diffusione del virus COVID 19.

Fino a ieri (25 marzo 2020), la previsione legislativa che consentiva alle autorità governative e non di individuare le specifiche “misure di contenimento” era l’art. 3 del Decreto Legge 23 febbraio 2020, n. 6.

In base a tale disposizione, le misure in questione dovevano essere adottate dallo Stato con decreto del Presidente del Consiglio (DPCM), su proposta del Ministero della Salute, fermo restando  che fino all’adozione di tali DPCM, in caso di estrema necessità e urgenza, tali misure potevano essere adottate con ordinanze contingibili ed urgenti:

  • ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge n. 833/1972 (la legge istitutiva del SSN) e dall’art. 117 del d.lgs.112/1998 (il principale decreto legislativo attuativo della c.d. Legge Bassanini), dal Ministro della Sanità (misure efficaci sull’intero territorio nazionale oppure in più Regioni), dai Presidenti della Regione (misure efficaci sul territorio di una regione o più comuni) e dai Sindaci (misure di carattere comunali, con alcune limitazioni);
  • ai sensi dell’art. 50, comma 4, del testo unico degli enti locali (d.lgs. n. 267/2000 s.m.i.), dai Sindaci.

In attuazione dell’art. 3 sopra richiamato, il Governo ha adottato una serie di DPCM che hanno gradualmente esteso i) la tipologia e l’ampiezza delle misure anticoronavirus (si è arrivati ad oggi al sostanziale divieto di abbandonare la propria abitazione in assenza di giustificazione e alla sospensione delle attività economiche “non essenziali”) e le sanzioni per la loro violazione, ma anche ii) l’ambito territoriale di applicazione (dai Comuni delle zone rosse dell’area di Codogno e del Veneto all’intero territorio nazionale).

L’ultimo DPCM è stato adottato il 22 marzo 2020 e contiene prescrizioni valide fino al 3 aprile.

Nel frattempo, tuttavia, si sono succedute una serie di ordinanze contingibili ed urgenti adottate principalmente da Regioni e Comuni dai contenuti più disparati ed in alcuni dei casi addirittura in contrasto con il DPCM.

Si pensi, ad esempio, alla disciplina delle attività degli studi legali in Lombardia a partire dal 22 marzo 2020.

Sabato 21 marzo 2020, l’ordinanza n. 514 del Presidente della Regione (adottata ai sensi dell’art. 32, comma 3, legge n. 833/1972) ha disposto: “Sono chiuse le attività degli studi professionali salvo quelle relative ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza”.

Il giorno dopo è intervenuto il Governo con il DPCM 22 marzo 2020, il quale contiene prescrizioni di carattere opposto: da una parte, l’art. 1, lett. a), precisa che “le attività professionali non sono sospese […]”; dall’altro, l’allegato 1 al predetto DPCM individua “le attività legali e contabili” tra i servizi essenziali esclusi “non sospesi”.

Come risolvere questo contrasto?

Ferma restando l’assoluta necessità di limitare al minimo indispensabile la circolazione delle persone al di fuori delle rispettive abitazioni (#iorestoacasa è il mantra che salva la vita propria e quella degli altri) e l’assoluta necessità di ricorrere a strumenti di comunicazione e smart working per lo svolgimento dell’attività legale (e di tutte quelle attività di natura prevalentemente intellettuale), chi Vi scrive ritiene che in termini generali il contrasto debba essere risolto come segue:

prevalenza del DCPM 22 Marzo 2020 sulle disposizioni delle ordinanze regionali in contrasto (ergo: gli uffici legali in Lombardia possono rimanere “aperti”), atteso che nell’impostazione generale del Decreto Legge 23 febbraio 2020, n. 6 sopra descritta le ordinanze regionali hanno funzione suppletiva rispetto ai decreti governativi ed esplicano quindi, nella sostanza, la loro funzione nei limiti in cui, in presenza di un’emergenza di livello regionale o intercomunale, lo Stato non abbia ancora adottato alcun DPCM (es. nel caso di ritardo nell’adozione del DPCM);

– mantenimento dell’efficacia delle previsioni delle ordinanze non in contrasto con il DPCM e che disciplinano aspetti non previsti dal DPCM 22 marzo 2020 (si pensi ad esempio alla disposizione dell’ordinanza della Lombardia n. 514 che individua l’assembramento “vietato” in luogo pubblico nella situazione di compresenza di più di due persone).

Il contesto sopra richiamato è stato innovato dal Decreto Legge 25 marzo 2020, n. 19, che – nel tentativo di evitare ulteriori contrasti tra norme statali e regionali in grado di suscitare incertezze tra cittadini ed imprese (in un contesto emergenziale dove già la precarietà è all’ordine del giorno) – abroga (cioè “cancella” dall’ordinamento giuridico a partire da oggi) l’art. 3 del Decreto Legge n. 6/2020 e introduce una nuova disciplina per l’adozione delle c.d. misure di contenimento da parte di Stato, Regioni e Sindaci.

Premesso che l’impianto generale non è mutato, il legislatore delegato ha di fatto individuato due distinte ipotesi:

a) una disciplina generale per l’adozione dei provvedimenti che individueranno le c.d. misure di contenimento valide dal 3 aprile prossimo e fino al 31 luglio 2020;

b) una disciplina transitoria, applicabile di fatto fino a venerdì 3 aprile (termine di scadenza della validità delle misure di contenimento previste dal DPCM 22 marzo 2020).

La disciplina generale è individuata agli articoli 2 e 3 del Decreto Legge n. 19/2020, i quali prevedono che le (future) misure di contenimento vengono adottate con DPCM adottato su proposta del Ministero della Salute sentiti i vari ministeri e la Conferenza delle Regioni (o i Presidenti delle Regioni, in caso di misure legate a specifici territori).

Le misure indicate dai DPCM hanno efficacia massima di 30 giorni e vengono sostituite da altre misure indicate da altri DPCM.

In attesa dell’adozione dei nuovi DPCM, il Ministero della Salute o i Presidenti delle Regioni possono adottare provvedimenti provvisori.

Nel tentativo di prevenire l’insorgere di futuri contrasti tra i provvedimenti regionali e quelli statali, l’art. 3 del Decreto Legge n. 19/2020 precisa saggiamente che tali provvedimenti provvisori sono validi solo fino alla data di entrata in vigore dei nuovi DPCM (precisazione non contenuta nel previgente Decreto Legge n. 6/2020).

Vengono ora inoltre previste ulteriori limitazioni alle ordinanze “provvisorie” delle Regioni, le quali potranno essere adottate soltanto in presenza di aggravamenti dell’emergenza sul proprio territorio.

Al ricorrere di tali circostanze, le Regioni potranno adottare misure di contenimento maggiormente restrittive i) soltanto nelle materie di loro competenza e ii) in ogni caso senza incidere sulle attività produttive e su quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale (art. 3, comma 1).

I Sindaci, invece, non possono adottare – a pena di inefficacia –  ordinanze contingibili e urgenti in contrasto con le misure statali oppure in grado di incidere sulle attività produttive e su quelle di rilevanza strategia per l’economia nazionale (art. 3, comma 1).

Il decreto specifica (anche in questo caso saggiamente) che tali principi generali si applicano anche nell’ipotesi di atti adottati da Regioni ed enti locali sulla base di specifiche disposizioni legislative che attribuiscono poteri in materia di sanità (ergo: anche quando i provvedimenti provvisori in questione vengono adottati dalle Regioni ai sensi dell’art. 32 della Legge n. 833/1972, essi perdono efficacia nel momento in cui entrerà in vigore il nuovo DPCM).

Per quanto riguarda invece il periodo transitorio (art. 2, comma 3) e quindi le misure già adottate ad oggi dallo Stato e dalle Regioni:

  • fino al 3 aprile 2020, trovano applicazione le misure indicate dal DPCM del 22 marzo 2020;
  • le previsioni delle ordinanze regionali che disciplinano aspetti non previsti dal medesimo DPCM e non sono comunque in contrasto con il DPCM 22 marzo 2020 sono valide ed efficaci fino al 5 aprile 2020.

Sono comunque fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti legittimamente adottati in attuazione di DPCM 22 marzo 2020 e le ordinanze adottate prima del 25 marzo 2020 (è dubbia però la sorte delle ordinanze comunali già adottate che eccedano la regola generale sopra richiamata).

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