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Impianti fotovoltaici con certificazioni mancanti o false: quali rimedi?

Impianti fotovoltaici con certificazioni mancanti o false: quali rimedi?

 

1. Premessa

Il legislatore italiano è intervenuto di recente per regolare i casi di impianti fotovoltaici che siano già incorsi o rischino di incorrere nella revoca degli incentivi legati alla produzione di energia da fonti rinnovabili, a causa della mancanza delle necessarie certificazioni di conformità e/o di provenienza dei moduli installati.

In quest’articolo, cerchiamo di inquadrare il problema concreto, spiegare le recenti novità normative in materia e individuare i rimedi a disposizione dei proprietari di impianti fotovoltaici di impianti fotovoltaici i cui pannelli sono privi di certificazione oppure sono dotati di una certificazione falsa.

2. La vicenda dei pannelli contraffatti: il c.d. “caso Zuccotti”

La vicenda più nota che ha portato all’intervento del legislatore riguarda in particolare gli impianti fotovoltaici oggetto di incentivi sulla base della disciplina del cd. Quarto Conto Energia (approvato con d.m. Ministero dello sviluppo economico del 5 maggio 2011). I produttori di energia elettrica da fotovoltaico cui si applica tale disciplina hanno diritto alla corresponsione di una tariffa incentivante da parte del Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (GSE), in presenza di impianti rispondenti a determinati requisiti tecnici, tra cui la conformità ad alcune norme CEI sulle caratteristiche dei componenti degli impianti. La stessa disciplina prevede inoltre il riconoscimento di un’ulteriore maggiorazione premiale della tariffa in caso di impianti riconducibili ad una produzione interna all’Unione europea. Sia la rispondenza alle norme tecniche che la provenienza dei pannelli viene attestata tramite certificazioni e attestazioni specifiche.

Proprio tali certificazioni si sono rivelate mancanti, o incomplete, o ancora non corrispondenti alle regole previste, nel corso delle procedure di controllo intraprese dal GSE per verificare la sussistenza effettiva delle caratteristiche dichiarate da numerosi proprietari di impianti al momento della richiesta degli incentivi.

Il problema ha riguardato in particolare i moduli fotovoltaici forniti da Zuccotti S.r.l., impresa oggi dichiarata fallita, i quali, pur in presenza di documenti che ne attestavano apparentemente la conformità tecnica e la provenienza dall’Unione europea, si sono rivelati di provenienza cinese e privi di certificazioni idonee a comprovare la conformità ai requisiti tecnici richiesti. Di fronte a casi come quello dei “moduli Zuccotti”, il GSE, in ragione della falsità o assenza delle certificazioni, ha dichiarato la decadenza da tutti gli incentivi inizialmente riconosciuti (inclusa la maggiorazione legata alla provenienza europea degli impianti), ordinando anche il rimborso di quanto già corrisposto.

3. La giurisprudenza sul “caso Zuccotti”

La questione è finita ben presto nelle aule giudiziarie e più precisamente di fronte al giudice amministrativo. In particolare, il TAR Lazio (sentenza 11706/2015) in primo grado e il Consiglio di Stato (sentenza 2006/2016) in appello hanno affrontato, con esiti diversi, il medesimo caso di revoca di incentivi al titolare di un impianto che aveva installato in buona fede i moduli forniti dalla Zuccotti Srl e nei cui confronti il GSE aveva emesso il provvedimento di decadenza dagli incentivi.

Il TAR ha rigettato il ricorso del titolare dell’impianto considerando la decadenza dagli incentivi come una conseguenza automatica delle dichiarazioni con cui gli stessi erano stati ottenuti, rivelatesi non veritiere. Il Consiglio di Stato ha invece riformato tale conclusione, affermando come, sulla base della disciplina legislativa applicabile, la decadenza dagli incentivi non possa basarsi su rilievi meramente formali (dichiarazioni non veritiere al momento della richiesta) ma debba essere legata a violazioni sostanziali e rilevanti per l’ottenimento degli incentivi. Nel caso di specie, il titolare dell’impianto aveva dimostrato in giudizio, con una perizia tecnica, che le caratteristiche dei pannelli corrispondevano alla normativa CEI prevista, pur essendo privi delle specifiche certificazioni richieste e prodotti fuori dall’UE: il Consiglio di Stato ha dunque ritenuto applicabile soltanto la decadenza dalla maggiorazione del 10% legata alla produzione europea dei pannelli, rivelatasi effettivamente non presente, annullando per il resto il provvedimento del GSE.

La sentenza del Consiglio di Stato è stata confermata anche dalla Corte di cassazione con una sentenza dell’aprile scorso (Cass. S.U. 9967/2017).

4. L’intervento del legislatore

A fronte delle pronunce giurisprudenziali, il legislatore è intervenuto in due momenti diversi e con due discipline differenziate sulla base della potenza dell’impianto:

  • prima, il d.l. n. 50/2017, come modificato in sede di conversione dalla l. n. 96/2017, ha introdotto un nuovo comma all’art. 42 del d.lgs. n. 28/2011 (cd. decreto Romani), testo legislativo che contiene la disciplina fondamentale a livello nazionale sugli impianti alimentati da fonti rinnovabili e i relativi incentivi. La modifica normativa ha introdotto una sorta di sanatoria per gli impianti di potenza superiore ai 3 kW con pannelli privi delle certificazioni di legge, purché (i) vi sia la conformità sostanziale con i requisiti di legge e (ii) l’interessato abbia avviato un contenzioso nei confronti del fornitore dei moduli. La disposizione prevede che in tali condizioni, ad esito di un procedimento avviato su istanza di parte, non si applichi la decadenza da tutti gli incentivi, ma una riduzione pari al 20% della tariffa incentivante. La riduzione è invece del 10% se la procedura è stata attivata su iniziativa dell’interessato, in assenza di controlli da parte del GSE. Si perde però in ogni caso la componente premiale legata alla provenienza UE dei pannelli o alla data di entrata in esercizio degli impianti (previsti per gli impianti innovativi soggetti al Quinto Conto Energia). In presenza delle condizioni elencate non vi è dunque la decadenza totale dagli incentivi, ma una loro riduzione;
  • la successiva n. 124/2017 (legge annuale sul mercato e la concorrenza 2017) ha poi previsto un’ulteriore integrazione all’art. 42 del decreto Romani, con l’introduzione di una disciplina “sanante” simile a quella appena vista, da applicarsi però agli impianti con potenza tra 1 e 3 kW. Rispetto alla procedura per gli impianti di taglia maggiore, non è previsto né l’avvio di una causa nei confronti del fornitore, né la prova della corrispondenza sostanziale dei pannelli ai requisiti di legge. La riduzione dell’incentivo è però del 30%, cui va sommato l’annullamento dei premi legati alla provenienza dei pannelli e alla data di entrata in esercizio, se ne ricorre il caso.

5. I rimedi a disposizione dei titolari di impianti con certificazioni non conformi

Le problematiche di cui abbiamo sinora discusso, però, non sembrano riguardare soltanto gli impianti su cui sono installati i moduli fotovoltaici forniti dalla ormai tristemente nota Zuccotti S.r.l.. Secondo quanto riportata nel novembre 2017 dalla stampa di settore, infatti, il GSE avrebbe avviato procedimenti di decadenza dagli incentivi anche per pannelli provenienti da altri fornitori.

In tale quadro, i titolari di impianti incentivati che dovessero rientrare nella casistica descritta e lo scoprano autonomamente o a seguito dell’avvio del procedimento di revoca degli incentivi da parte del GSE hanno dunque diverse possibilità:

  • da un lato, i titolari possono ricorrere alle procedure di sanatoria previste dalla legge, sulla base della potenza dell’impianto;
  • d’altra parte, si può intraprendere in ogni caso la via del ricorso al giudice amministrativo nei confronti dei provvedimenti di decadenza o decurtazione degli incentivi da parte del GSE, opzione preferibile ma solo qualora si possa provare che i difetti contestati siano solo di tipo formale, ossia si possa dimostrare – tramite perizia o atto equivalente – la conformità dei pannelli ai requisiti tecnici richiesti, nonché eventualmente l’effettiva provenienza intraeuropea dei moduli installati. Ovviamente, l’opzione del ricorso va valutata anche comparando il vantaggio economico che si potrebbe ottenere ad esito di una sentenza favorevole rispetto al mantenimento degli incentivi decurtati.

Rimane comunque ferma la possibilità, che diventa anzi obbligo – come visto – nel caso si voglia attivare la procedura sanante per impianti di potenza superiore ai 3 kW, di agire nei confronti del fornitore dei pannelli privi dei requisiti – formali o sostanziali – di legge (anche se, quando il fornitore risulta fallito, le probabilità di un effettivo risarcimento sono purtroppo molto ridotte).

Al di là di quanto sopra, non si può non suggerire alle persone fisiche, agli enti pubblici e alle imprese che sospettino che i pannelli installati sul proprio impianti rientrino nella casistica in discussione oppure ricevano la comunicazione del GSE di avvio del procedimento di revoca degli incentivi di rivolgersi il parere di un avvocato con competenze di diritto amministrativo e diritto dell’energia, il quale – con il supporto di un tecnico – sarà in grado di individuare la soluzione ottimale per tentare di evitare o quanto minimizzare le decurtazioni degli incentivi alla luce delle specificità del caso concreto. E’ invece sconsigliabile, invece, attendere la notifica da parte del GSE del provvedimento di decadenza dell’incentivo prima di consultare un avvocato in quanto, a quel punto, la situazione potrebbe essere compromessa e le chanche di vittoria in un eventuale giudizio davanti al TAR drasticamente ridotte.

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