La revisione delle Linee guida ANAC n.4 sull’affidamento dei contratti pubblici sotto soglia: semplificazione o complicazione?
- Parola d’ordine: semplificazione.
Il codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) contiene una disciplina minimale in merito alle procedure da seguire per l’affidamento di contratti di valore inferiore alle cd. soglie di rilevanza europea (Vedi articolo “Le novità in materia di affidamento di contratti pubblici sotto soglia”), attribuendo alle linee guida di competenza dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) l’incarico di offrire indicazioni alle stazioni appaltanti per la scelta dei contraenti in tale particolare ambito.
Le procedure per i “contratti sotto soglia” riguardano, secondo i dati forniti dalla stessa ANAC, un numero considerevole di contratti (per il 2015 e 2016, più di 5 milioni di contratti all’anno, tra forniture, servizi e lavori): si tratta perciò di un ambito di attività che impegna quotidianamente le pubbliche amministrazioni e può coinvolgere facilmente, date le dimensioni contenute degli affidamenti, piccole e medie imprese.
Il numero e il valore relativamente basso degli affidamenti sotto soglia giustificano una disciplina, almeno teoricamente, semplificata rispetto a quella ordinaria regolata dal codice dei contratti pubblici. Una delle funzioni delle linee guida ANAC dedicate alla materia dovrebbe essere proprio quella di favorire una maggiore semplificazione e dunque, una procedura di affidamento improntata ai canoni della tempestività e dell’efficienza. Come vedremo nel seguito, le indicazioni delle linee guida e la disciplina complessiva sui contratti sotto soglia non sono del tutto funzionali a tale obiettivo.
- Le linee guida ANAC nella loro veste attuale
L’ANAC ha emanato le linee guida n. 4 in materia di procedure sotto soglia pochi mesi dopo l’entrata in vigore del codice dei contratti pubblici e ha approvato una nuova versione del documento nel 2018, per adattarne il contenuto alle modifiche intervenute sul codice con il d.lgs. 56/2017 (il cd. “decreto correttivo”). L’impostazione fondamentale delle linee guida segue la suddivisione tra contratti di valore inferiore ai 40.000 euro, per cui il codice ammette l’affidamento diretto con consultazione anche di un solo operatore economico, e contratti con valore pari o superiore ai 40.000 euro ma inferiore alle soglie europee (per servizi e forniture) o ad ulteriori soglie intermedie previste dal codice (per i lavori). Per questi ultimi contratti il codice prevede un confronto competitivo tra più operatori (cinque, dieci o quindici a seconda dei casi) invitati dalla stazione appaltante a seguito di un’indagine di mercato o sulla base di elenchi di fornitori preventivamente costituiti.
Le modifiche delle linee guida intervenute nel 2018 riguardano soprattutto due aspetti, che si rivelano emblematici per comprendere fino a che punto le indicazioni fornite offrono un’occasione di semplificazione:
- il sistema dei controlli sul possesso dei requisiti; e
- il principio della “rotazione” dei fornitori.
I paragrafi che seguono illustrano più nel dettaglio cosa prevedono le linee guida su questi specifici punti.
– Il regime dei controlli
Sulla base di quanto disposto dall’art. 36 del codice dei contratti pubblici, che attribuisce alle linee guida l’incarico di stabilire le modalità di attuazione delle verifiche dei requisiti sull’affidatario diretto, l’ANAC prevede alcune semplificazioni nei controlli in caso di contratti di valore inferiore ai 40.000 euro. I controlli da parte della stazione appaltante sui requisiti dichiarati dagli operatori economici comportano infatti l’interrogazione di banche dati o di autorità pubbliche che possono impiegare anche tempi considerevoli per fornire una risposta, rischiando così di appesantire il procedimento in un modo che appare particolarmente insostenibile quando il contratto per cui si procede è di valore poco significativo.
In tale contesto, la versione attuale delle linee guida prevede che per i contratti di importo fino a 5.000 euro, la stazione appaltante possa basarsi sulla dichiarazione sostitutiva dell’operatore economico aggiudicatario in merito al possesso dei requisiti richiesti dalla procedura (anche nella forma del “documento unico di gara europeo” previsto dal codice dei contratti pubblici e dalle direttive europee in materia). Le linee guida però aggiungono che, per verificare la veridicità delle autodichiarazioni dell’operatore, si debba comunque consultare il casellario ANAC (un registro delle segnalazioni in materia di contratti pubblici), acquisire il documento unico di regolarità contributiva, verificare il possesso dei requisiti relativi all’idoneità e alla capacità tecnico-finanziaria, nonché la sussistenza di eventuali condizioni previste dalla legge per l’esercizio dell’attività di cui trattasi. Inoltre, la stazione appaltante deve prevedere (con un proprio regolamento interno) un adeguato sistema di verifica a campione annuali sugli affidatari diretti di contratti pubblici.
Come si può intuire, vi è effettivamente una qualche semplificazione, che consiste però nell’eliminazione parziale di alcuni oneri di controllo: rimangono invece adempimenti obbligatori a carico delle stazioni appaltanti, che possono potenzialmente comportare un appesantimento significativo della procedura.
La stessa osservazione può estendersi ai contratti di valore compreso tra i 5.000 e i 20.000 euro, per cui le linee guida prevedono, oltre alle verifiche descritte sopra per i contratti di valore inferiore, anche il controllo sull’assenza di condanne nei reati previsti dal codice dei contratti pubblici come causa di esclusione, di provvedimenti in materia di antimafia, di inadempimenti di carattere erariale, nonché di procedure concorsuali a carico dell’impresa aggiudicataria.
Infine, per i contratti di valore pari o superiore ai 20.000 euro, le linee guida richiedono tutti i controlli ordinari previsti dal codice sulle dichiarazioni presentate dall’impresa aggiudicataria.
Nelle linee guida ANAC, dunque, la semplificazione in tema di controlli sul possesso dei requisiti da parte degli affidatari risulta, anche se apprezzabile, non molto significativa: è limitata infatti solo ad alcuni importi (bassi) e ad alcuni tipi di controlli, mentre vengono imposte in ogni caso verifiche a campione secondo regole che devono essere predeterminate nell’autoregolamentazione della stazione appaltante.
– Il principio di rotazione
Un secondo aspetto su cui l’ANAC è intervenuta, nell’ambito della revisione delle linee guida del 2018, riguarda la rotazione degli affidatari e degli inviti, ossia la regola per cui quando vi è un affidamento diretto o una limitazione degli operatori da invitare, gli affidatari uscenti e gli invitati alle precedenti procedure non possono essere coinvolti. Si tratta di un principio volto ad evitare rendite di posizione e a favorire la più ampia concorrenza, ma che rischia di sfociare in una limitazione eccessiva della libertà di impresa e della discrezionalità dell’amministrazione.
Le linee guida, nella loro versione attuale, prevedono quanto segue:
– il principio di rotazione si applica con riferimento all’affidamento immediatamente precedente a quello per cui si procede, quando il vecchio e il nuovo affidamento hanno ad oggetto una “commessa rientrante nello stesso settore merceologico, ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi”;
– la rotazione non si applica “laddove il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato”, in cui non vi sia alcuna limitazione in merito al numero degli operatori economici concorrenti;
– la stazione appaltante può, con un proprio regolamento, suddividere gli affidamenti in fasce di importo (stabilite con una scelta adeguatamente motivata), applicando il principio di rotazione solo nell’ambito di una determinata fascia;
– il nuovo affidamento o il reinvito del precedente affidatario è di carattere eccezionale e deve essere giustificato dall’assenza di alternative sul mercato, tenendo conto anche della soddisfazione rispetto al precedente affidamento e della convenienza economica delle condizioni offerte;
– l’affidamento o il reinvito dell’operatore precedentemente invitato ma non affidatario può essere invece giustificato dalla ragionevole aspettativa di affidabilità dell’operatore di cui trattasi e l’idoneità della sua prestazione rispetto al livello qualitativo atteso.
Tutti i criteri sopra sintetizzati – e la terminologia ad essi legata – possono essere condivisibili ma comportano dei problemi di interpretazione, anche alla luce delle pronunce dei giudici amministrativi in materia. La giurisprudenza, ad esempio, ha considerato distinti dal punto di vista qualitativo, e dunque sottratti all’applicazione del principio di rotazione, due affidamenti aventi ad oggetto lo stesso servizio ma importi diversi e amministrazioni affidanti collegate ma non coincidenti (TAR Friuli Venezia Giulia n. 166/2018). L’ANAC invece, come visto, considera le differenze di valore rilevanti per escludere la rotazione soltanto nel caso in cui vi sia una disciplina generale contenuta in un regolamento dell’ente di riferimento, mentre in una recente FAQ ha affermato che la rotazione si applica anche per affidamenti indetti da diverse articolazioni organizzative della medesima stazione appaltante (ad eccezione di amministrazioni di grandi dimensioni con articolazioni territoriali dotate di autonomia).
Allo stesso modo, il giudice amministrativo ha considerato applicabile la rotazione anche nel caso in cui l’affidatario uscente abbia ottenuto il precedente contratto a seguito di una procedura aperta (Tar Toscana, n. 17/2018), mentre le linee guida ANAC non affrontano esplicitamente il punto. Più in generale, si può affermare che in giurisprudenza non vi sia un orientamento univoco sulla possibilità di derogare alla regola della rotazione. Il principio di rotazione viene infatti interpretato in modo più (ad esempio, Cons. Stato n. 4125/2017) o meno (Tar Lombardia, n. 380/2018) rigido a seconda dell’interesse pubblico sottostante considerato prevalente: evitare rendite di posizione da una parte, riconoscere la discrezionalità amministrativa, la libertà di impresa e la massima partecipazione alle procedure pubbliche dall’altra.
Questa incertezza interpretativa è ovviamente fonte di complicazioni per la stazione appaltante, che deve valutare come considerare la posizione dei precedenti affidatari e dei precedenti invitati alle procedure, quando voglia seguire le regole previste dal codice e dalle linee guida per gli affidamenti sotto soglia.
- La semplificazione che verrà
Si è visto dunque come, nei due ambiti considerati, le linee guida ANAC rischino di determinare una semplificazione poco significativa, quando non addirittura una complicazione, per le procedure di affidamento sotto soglia. Inoltre, le linee guida non forniscono indicazioni (forse perché non espressamente legittimate a farlo dalla disposizione di riferimento contenuta nel codice dei contratti pubblici) in merito ad altri aspetti della materia che hanno una disciplina incerta sulla base delle previsioni del codice: è un problema che riguarda, ad esempio, la composizione della commissione di gara, o la scelta dei criteri di aggiudicazione dell’affidamento, o ancora la pubblicità o meno delle sedute.
A fronte di questi elementi di incertezza, potrebbero essere necessarie ulteriori revisioni delle linee guida o delle norme di legge di riferimento. I meccanismi di funzionamento delle procedure sotto soglia potranno consolidarsi, in ogni caso, nella prassi e nell’applicazione giurisprudenziale. In tale contesto, è opportuno che le stazioni appaltanti adottino, con gli strumenti regolamentari suggeriti dalle linee guida, soluzioni razionali che possano resistere ad eventuali contestazioni da parte di operatori ed autorità di controllo. Dal canto loro, gli operatori hanno l’occasione di sfruttare le opportunità della normativa attraverso l’iscrizione a elenchi di fornitori e facendo leva sul principio di rotazione per partecipare ad un mercato dalle dimensioni, come visto, molto rilevanti favorendo il confronto concorrenziale al suo interno.