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Concessioni marittime: in attesa della riforma del settore e delle gare, il Consiglio di Stato conferma la proprietà del gestore sulle opere costruite sulle aree in concessione

Concessioni marittime: in attesa della riforma del settore e delle gare, il Consiglio di Stato conferma la proprietà del gestore sulle opere costruite sulle aree in concessione

Anche nel nuovo anno, il settore delle concessioni demaniali marittime continua ad essere caratterizzato da incertezze irrisolte. Dopo le fondamentali sentenze nn. 17 e 18 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato dello scorso novembre, di cui abbiamo già scritto, il buon proposito di inizio anno del Governo nazionale era di arrivare ad un’intesa con i rappresentanti di categoria sulla riforma del regime normativo entro metà gennaio, attraverso un tavolo di confronto aperto dai Ministeri coinvolti. Ad oggi (25 gennaio 2022) però non sono stati prodotti risultati in termini normativi, anche se si parla di un possibile intervento in tempi brevi, in sede di conversione del decreto-legge “Milleproroghe” (d.l. 228/2021).

Anche il disegno di legge concorrenza, che contiene una delega al Governo non per una riforma del settore ma per la “mappatura” delle concessioni esistenti, ha di fatto iniziato da poco nelle commissioni del Senato il (lungo) iter per la sua approvazione.

In attesa di qualche novità da parte del legislatore nazionale, alcune indicazioni utili su casi concreti continuano ad arrivare dalle decisioni del Consiglio di Stato. In particolare, la sentenza n. 229 del 13 gennaio 2022 può essere considerata una buona notizia per gli operatori che hanno realizzato opere sull’area data in concessione.

Una norma del codice della navigazione prevede infatti che al momento della “cessazione” delle concessioni demaniali marittime, le opere “non amovibili” realizzate dal gestore vengano trasferite gratuitamente allo Stato. Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, l’Agenzia del Demanio aveva utilizzato questa norma per considerare come proprietà statale le opere realizzate da un concessionario (immobili destinati all’esercizio di un bar-gelateria) una volta scaduto il termine originario previsto dalla concessione, anche se poi il rapporto era proseguito sulla base delle note proroghe da parte della legge nazionale.

L’impostazione dell’Agenzia del Demanio si traduce, oltre che ovviamente in una perdita immediata a livello patrimoniale da parte del gestore, anche in un incremento del canone dovuto per gli anni successivi alla “scadenza” iniziale prevista dalla concessione. Secondo il ragionamento dell’Agenzia, infatti, anche se la gestione dell’area demaniale era continuata dopo la scadenza iniziale, quest’ultima aveva segnato il passaggio dei beni realizzati allo Stato. Per continuare ad utilizzare i beni il gestore avrebbe dunque dovuto versare uno specifico canone, più consistente rispetto all’ipotesi in cui i beni in questione fossero rimasti nella proprietà del concessionario.

Il TAR in primo grado e il Consiglio di Stato nella pronuncia in questione hanno invece assunto una posizione diversa, più favorevole al concessionario: per determinare il momento in cui i beni realizzati vengono trasferiti allo Stato occorre fare riferimento alla cessazione effettiva del rapporto concessorio, considerando quindi tutte le proroghe del caso. Tradotto: solo nel momento in cui l’attuale gestore dovrà effettivamente abbandonare la concessione in essere si avrà eventualmente il trasferimento dei beni realizzati allo Stato. A questo si somma, peraltro, anche l’altro principio affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nelle pronunce di novembre 2021: l’indennizzo dovuto ai gestori “uscenti” per gli investimenti effettuati nello sviluppo del bene demaniale e non ancora recuperati, in occasione della nuova gara per l’affidamento della concessione.

Sullo svolgimento in concreto di queste “nuove gare” occorrerà, come detto, attendere le indicazioni del legislatore nazionale, sperando che arrivino effettivamente prima della scadenza individuata dal Consiglio di Stato: la fine del 2023.

Un’ulteriore conferma della necessità di svolgere le gare e abbandonare il regime di proroga delle concessioni esistenti fino al 2033 è arrivata anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Con una segnalazione pubblicata sempre lo scorso novembre, l’AGCM ha segnalato che le indicazioni date dalla Regione Calabria ai Comuni con la circolare del 22.10.2019, che invitavano ad avviare un procedimento di riconoscimento specifico della proroga delle concessioni fino al 2033 prevista dalla legge nazionale, si pongono in contrasto con i principi europei volti a favorire la concorrenza tra gli operatori. Di fatto, quindi, l’Autorità concorda con l’impostazione già espressa dal Consiglio di Stato: la proroga fino al 2033 non è ammissibile e occorre lo svolgimento di una gara per l’affidamento delle concessioni.

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