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“Caro materiali” e appalti pubblici di lavori: il legislatore corre (si fa per dire) ai ripari

“Caro materiali” e appalti pubblici di lavori: il legislatore corre (si fa per dire) ai ripari

Come noto, una delle conseguenze indirette della pandemia da covid-19 sull’economia globale riguarda un rincaro molto significativo dei materiali da costruzione – dovuto a scarsità di materie prime e di forniture rispetto a condizioni normali: per l’acciaio, ad esempio, a inizio 2021 si è riscontrato un rincaro dei prezzi tendenziale pari al 130%.

Per fronteggiare gli effetti del rincaro del costo dei materiali di costruzione sulle commesse pubbliche, l’art. 1-septies del d.l. n. 73/2021, convertivo con modificazioni dalla legge n. 106/2021 (il cd. “Decreto Sostegni bis”), ha introdotto un meccanismo di “compensazione” (in aumento o in riduzione) tra il prezzo unitario applicabile ai sensi del contratto e la variazione del costo dei materiali di costruzione più significativi, individuati con decreto del Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile la cui adozione era prevista entro il 31 ottobre 2021. La variazione di costo deve essere comunque superiore all’8 per cento ed essersi verificata nel primo semestre 2021. Più nel dettaglio, il diritto alla “compensazione” è riconosciuto, in deroga alle previsioni sull’adeguamento dei prezzi del codice dei contratti pubblici attualmente vigente (d.lgs. n. 50/2016) o – se applicabile – precedente al 2016 (d.lgs. n. 163/2006), per variazioni superiori all’8% (se relative al solo 2021) o al 10% (se relative anche ad anni precedenti).

Tale meccanismo, applicabile a tutti i contratti in corso di esecuzione al 25 luglio 2021 (ossia con lavori non ancora collaudati a tale data) e limitatamente alle lavorazioni contabilizzate nel periodo 1° gennaio 2021/30 giugno 2021, consente all’appaltatore di chiedere il riconoscimento della differenza in aumento tra il prezzo contrattuale ed il prezzo individuato dal decreto ministeriale sopra richiamato.

La richiesta dell’appaltatore deve pervenire a pena di decadenza entro 15 giorni dall’adozione del decreto stesso. Per le variazioni in diminuzione (sfavorevoli quindi alla stazione appaltante), invece, il committente pubblico avvia d’ufficio la procedura di recupero del valore variato: in questo caso, il responsabile del procedimento deve accertare il credito della stazione appaltante e procedere ai relativi recuperi.

Nel caso in cui la stazione appaltante non possa reperire le risorse necessarie a corrispondere il nuovo importo in aumento all’appaltatore attraverso varie modalità (accantonamenti, somme “risparmiate” con ribassi d’asta o a somme non impiegate per altri lavori già conclusi e collaudati), la stessa disposizione prevede un fondo ministeriale con disponibilità massima di 100 milioni di euro, disciplinato sempre con decreto del Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile.

Quest’ultimo decreto (d.m. 30 settembre 2021) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale la scorsa settimana, mentre non è ancora stato emanato il decreto che stabilisce le variazioni, da cui, come detto, decorre il termine di 15 giorni entro cui le imprese appaltatrici potranno presentare la loro richiesta di compensazione.

Gli appaltatori devono dunque tenere d’occhio la Gazzetta Ufficiale per non farsi sfuggire la pubblicazione del decreto attuativo e non lasciare scadere il successivo (breve) termine per chiedere l’adeguamento del prezzo d’appalto al caro materiali.

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