
Imprese turistiche e normativa anticoronavirus: tra chiusure obbligate (e possibili requisizioni) di alberghi e strutture ricettive, prenotazioni cancellate e misure economiche di sostegno del settore
| L’articolo è stato scritto dall’Avv. Michele Rizzo e l’Avv. Marco Fontana, senior associate del nostro Studio.|
I provvedimenti emanati per limitare la diffusione del Covid-19 e contrastare l’inevitabile shock economico che ne è derivato contengono alcune previsioni dedicate specificamente alle imprese del settore turistico e più in particolare alle strutture ricettive. Vediamo in questo articolo quali sono le più importanti.
L’obbligo di sospensione delle attività
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 marzo 2020 ha disposto la chiusura delle attività produttive sul territorio nazionale fino al 3 aprile 2020. L’elenco delle attività escluse dall’obbligo di chiusura, basato sul codice “ATECO” e allegato al decreto, comprende però anche la categoria “alberghi e strutture simili” (codice 55.1). Le strutture ricettive che rientrano in tale categoria non sono dunque soggette alla chiusura. Lo stesso dovrebbe valere anche per il servizio di ristorazione interno agli alberghi, purché rivolto ai soli ospiti e con applicazione del distanziamento minimo tra clienti previsto dalla normativa. Le strutture extralberghiere sembrano invece rientrare nella misura e quindi obbligate alla chiusura obbligatoria fino al 3 aprile, anche se potrebbero essere considerate come attività “funzionale a fronteggiare l’emergenza” nel caso in cui ad esempio ospitino personale sanitario o impegnato in servizi essenziali. Una richiesta di chiarimenti al Governo sul punto è comunque già stata peraltro avanzata dalle associazioni di categoria.
Le altre imprese del settore turistico (agenzie di viaggio, guide turistiche, tour operator e assistenza ad attività turistiche, gestione di siti turistici etc.) sono soggette a chiusura o all’organizzazione delle attività esclusivamente tramite telelavoro.
Alcune ordinanze a livello regionale (come ad esempio Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna per le province di Piacenza e Rimini), in alcuni casi riprese anche a livello comunale, hanno previsto una chiusura generalizzata anche delle strutture alberghiere nel territorio di competenza. Le ordinanze escludono dall’obbligo ipotesi particolari come ad esempio la presenza di ospiti aventi residenza nella struttura, lavoratori in settori essenziali impegnati nell’emergenza o impossibilitati a lasciare la struttura. Non è certo se tali ordinanze trovino applicazione anche a fronte dell’emanazione del d.P.C.M. del 22 marzo 2020: nel settore del turismo le Regioni godono di particolare autonomia, ma la stessa normativa statale su cui si fonda il d.P.C.M. (d.l. n. 6/2020) dispone che le misure di Regioni e Comuni – in quanto misure di emergenza – sono valide solo fino all’intervento del Governo centrale. I Governi regionali sembrano comunque considerare i provvedimenti da loro emanati vigenti e potrebbero dunque agire di conseguenza in caso di violazione, imponendo la chiusura e infliggendo le relative sanzioni, cui le imprese dovrebbero opporsi sulla base della normativa regionale.
In tale situazione di incertezza, un nuovo decreto-legge del Governo è intervenuto negli ultimi giorni a disciplinare con più certezza anche i rapporti tra misure statali e regionali.
In caso invece di chiusura spontanea – scelta purtroppo di fatto obbligata per numerosi operatori in questo periodo, l’impresa dovrà comunicare la chiusura al Comune competente sulla base delle disposizioni regionali di riferimento. Le leggi regionali contemplano spesso l’ipotesi di chiusura straordinaria, o contengono persino previsioni apposite adottate alla luce della situazione.
La cancellazione delle prenotazioni e il diritto al rimborso dei clienti
Al di là della chiusura per obbligo di legge o per iniziativa dell’impresa, le strutture ricettive hanno ovviamente ricevuto nell’ultimo periodo comunicazioni di cancellazione di gran parte delle loro prenotazioni. A tal proposito, il decreto-legge n. 18/2020 (c.d. “Cura Italia”) ha previsto espressamente l’applicazione ai “contratti di soggiorno” (termine atecnico che sembra includere qualsiasi tipo di attività ricettiva) di una particolare disciplina già introdotta per altre tipologie di servizi turistici dall’art. 28 del decreto-legge n. 9/2020.
In sostanza, per tutto il periodo in cui il territorio nazionale è da considerarsi interamente “interessato dal contagio”, con i relativi divieti agli spostamenti, i clienti hanno diritto alla cancellazione della prenotazione per “impossibilità sopravvenuta”, con rimborso degli eventuali acconti già versati. Il rimborso può avvenire però anche tramite voucher per un nuovo soggiorno da consumare entro un anno.
Per le prenotazioni relative a date successive al periodo di validità delle limitazioni (che ad oggi terminano il 3 aprile), il diritto generalizzato al rimborso è più dubbio. Potrebbero comunque ritenersi applicabili a favore di chi cancella la prenotazione le previsioni generali del codice civile sull’impossibilità sopravvenuta e alcune disposizioni particolari a tutela del consumatore (come ad esempio l’art. 41 del d.lgs. n 79/2011 sul recesso dai pacchetti turistici per circostanze “inevitabili e straordinarie”), oltre che ovviamente la disciplina sul recesso prevista dai singoli contratti.
La (possibile) requisizione delle strutture alberghiere per esigenze legate all’emergenza
Il decreto Cura Italia prevede la possibilità per il Prefetto, su proposta della Protezione Civile, di requisire in uso (cioè occupare e utilizzare anche senza consenso del proprietario) le strutture alberghiere per ospitare persone in sorveglianza sanitaria o in isolamento. A fronte della requisizione viene attribuito un indennizzo pari allo 0,42% del valore di mercato dell’immobile per ogni mese di durata della requisizione.
Il potere di requisizione, peraltro, era già previsto nell’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile del 3 febbraio 2020.
Le misure economiche a sostegno delle imprese e dei lavoratori del settore turistico
Tra le misure a sostegno delle imprese e dei lavoratori introdotte dal decreto “Cura Italia”, alcune sono dedicate specificamente alle imprese che gestiscono strutture ricettive (e alle imprese del settore del turismo in generale). In particolare, viene prevista:
- la sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria fino al 31 maggio 2020 (misura già prevista per il settore turistico dal d.l. 9/2020);
- la sospensione del versamento dell’IVA del mese di marzo;
- un’indennità speciale di 600 euro per i lavoratori stagionali del settore turistico cha abbiano cessato il rapporto di lavoro involontariamente dal 1° gennaio al 17 marzo 2020;
- la possibilità di cumulare la garanzia di cui al fondo centrale di garanzia PMI con altre forme di garanzia del finanziamento in caso di investimenti immobiliari nel settore turistico-alberghiero di durata di almeno 10 anni e importo superiore ai 500.000 euro.
Il decreto Cura Italia prevede poi altre misure rivolte in generale alle imprese e ai lavoratori, tra cui:
- ammortizzatori sociali per dipendenti (assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale, per le imprese con più di cinque dipendenti, e cassa integrazione in deroga per le imprese con meno di cinque dipendenti);
- sospensione dei termini del versamento dell’IVA fino al 31 maggio 2020 per imprese con fatturato inferiore ai 2 milioni di euro;
- sospensione fino al 31 maggio 2020 dei termini relativi alle attività di controllo, accertamento, riscossione e contenzioso dell’Agenzia delle entrate;
- moratoria su mutui e prestiti di piccole e medie imprese;
- diversi piani di garanzia pubblica sui prestiti;
- sospensione fino al 15 aprile dei termini dei procedimenti amministrativi (esclusi i pagamenti da parte di enti pubblici) e proroga fino al 15 giugno 2020 di autorizzazioni e titoli abilitativi in scadenza;
- rinvio al 30 giugno 2020 dei termini per comunicazioni sui rifiuti.