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Gli appalti pubblici dopo il Cura-Italia: acquisti urgenti per fronteggiare l’emergenza e per lo smart working nella PA, sedute telematiche e sospensioni “obbligate” (e altro)

Gli appalti pubblici dopo il Cura-Italia: acquisti urgenti per fronteggiare l’emergenza e per lo smart working nella PA, sedute telematiche e sospensioni “obbligate” (e altro)

Questo contributo costituisce un aggiornamento dell’articolo “Appalti pubblici e coronavirus: strumenti ordinari e straordinari a disposizione di aziende e PA per gestire la crisi e non fermarsi”, pubblicato sul nostro blog sabato 13 marzo 2020, che l’Avv. Michele Rizzo e l’Avv. Marco Fontana, senior associate del nostro Studio, hanno rivisto ed ampliato alla luce delle prescrizioni introdotte del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. D.l. Cura Italia).

 

Come noto, i provvedimenti attuativi dell’art. 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 per contenere la diffusione del Covid-19 prevedono (doverose e necessarie) restrizioni agli spostamenti ed alle attività produttive su tutto il territorio nazionale. A questi provvedimenti si affiancano le iniziative delle singole regioni per contrastare l’emergenza, che in alcuni casi impongono misure ancora più stringenti. – Le restrizioni più recenti a livello nazionale, disposte dal DPCM 22 marzo 2020, includono il blocco fino al 3 aprile delle attività non indicate nell’elenco allegato al DPCM stesso.

Anche le imprese non obbligate – dalle previsioni normative o dalla situazione di fatto – ad interrompere l’attività subiscono inevitabilmente un rallentamento al loro funzionamento e devono ripensare la propria organizzazione e i propri processi produttivi favorendo il più possibile il lavoro a distanza.

La stessa dinamica vale per le pubbliche amministrazioni, le quali sono comunque chiamate a svolgere le proprie attività istituzionali nell’ambito delle proprie competenze, sebbene i termini dei procedimenti amministrativi siano stati in sostanza sospesi fino al 15 aprile 2020 (tema cui dedicheremo comunque un apposito contributo nelle prossime settimane). Inoltre, le amministrazioni sono poi ovviamente chiamate a rispondere alle esigenze particolari e straordinarie legate all’emergenza: questo vale soprattutto per il sistema sanitario, ma anche per gli enti locali, le amministrazioni regionali, le amministrazioni periferiche del Ministero dell’Interno.

Al fine di tutelare la salute dei dipendenti e contribuire al contrasto dell’epidemia, tuttavia, la presenza fisica del personale degli uffici pubblici deve essere limitata soltanto all’ipotesi in cui essa sia necessaria per lo svolgimento delle attività indifferibili e di gestione dell’emergenza: come stabilito dall’art. 87 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. D.l. Cura Italia) – anche se analoghe indicazioni erano state fornite in precedenza dal Ministero della Pubblica Amministrazione, da ultimo con la direttiva n. 2/2020 – le amministrazioni pubbliche devono organizzarsi in maniera tale da consentire, di norma, ai propri lavoratori di lavorare in modalità agile (c.d. smart working).

Lo smart working, dunque, durante l’emergenza epidemiologica, diventa lo strumento ordinario di svolgimento della prestazione lavorativa nel settore pubblico.

Il contesto emergenziale sopra descritto e le nuove modalità organizzative del lavoro pubblico hanno ovviamente un significativo impatto anche sul settore dei contratti pubblici.

Il codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) ed i decreti emergenziali adottati nelle ultime settimane – incluso il Cura Italia – permettono di gestire le procedure di affidamento e l’esecuzione dei contratti anche in questi giorni complicati. Allo stesso modo, essi mettono a disposizione degli enti coinvolti nell’emergenza gli strumenti per procedere celermente all’acquisto degli strumenti necessari a fronteggiarla, siano essi macchinari, attrezzature e dispositivi che le amministrazioni sanitarie devono acquisire per il trattamento dei malati (es. device per la terapia intensiva) o per proteggere gli operatori sanitari, ma anche prodotti e servizi che qualsiasi PA ha la necessità di acquisire per prevenire la diffusione del contagio tra dipendenti e utenti (es. servizi di sanificazione straordinaria degli ambienti, mascherine, igienizzanti) e supportare adeguatamente la cittadinanza (es. strumenti informativi, servizi ad hoc per le fasce più a rischio).

Allo stesso tempo, il legislatore ha introdotto disposizioni in grado di consentire alle stazioni appaltanti di acquisire in tempi brevi beni e servizi (informatici e non) strumentali allo svolgimento del lavoro pubblico in smart working (es. pc, tablet, cloud e altri software in modalità SaaS), oltre che prevedere nei limiti del possibile l’accesso alle prestazioni pubbliche tramite la rete.

Vediamo di seguito le previsioni più interessanti e utili con riguardo a questo tema.

L’acquisizione urgente di beni e servizi necessari per fronteggiare l’emergenza sanitaria

Per gli acquisti necessari per affrontare l’emergenza la pubblica amministrazione ha la possibilità di accelerare e semplificare le procedure di acquisto.

Disposizioni particolari introdotte dalla normativa d’urgenza riguardano in primo luogo la sanità pubblica, che in questi giorni ha l’esigenza di acquistare apparecchiature e dispositivi di sicurezza per rispondere alle straordinarie e critiche esigenze legate all’emergenza. Per questo i decreti-legge approvati nelle ultime settimane hanno riconosciuto al Dipartimento di protezione civile la facoltà di acquistare dispositivi di protezione individuale e medicale con pagamento anticipato, anche in deroga al codice dei contratti pubblici. Con la stessa modalità Consip S.p.A. è autorizzata ad acquistare per conto della Protezione civile 5.000 impianti di ventilazione assistita. La Protezione civile aveva peraltro già adottato il 3 febbraio un’ordinanza, ai sensi dell’art. 26 del d.lgs. n. 1/2018 (Testo unico sulla protezione civile) che prevede la possibilità di derogare a numerosi articoli del codice dei contratti pubblici per gli acquisti legati allo stato di emergenza nazionale.

Sulla base dell’ordinanza della Protezione civile di cui sopra e delle norme del codice pensate per gli acquisti di urgenza (ci arriviamo fra poco), Consip S.p.A. ha concluso ad esempio il 9 marzo (in soli tre giorni) una procedura per individuare gli operatori con cui stipulare un accordo quadro per la fornitura di dispositivi medici per terapia intensiva e sub-intensiva, con una base d’asta di 185 milioni di euro circa. Il 19 marzo invece è stata pubblicata una procedura d’urgenza per mascherine e dispositivi di protezione individuale, in scadenza il 24 marzo. Queste procedure potrebbero sembrare degli adempimenti formali irragionevoli e che contribuiscono a rallentare la risposta all’emergenza, ma – utilizzate in modo corretto e con la giusta urgenza – possono invece essere utili per mettere ordine nei fabbisogni urgenti della sanità, individuare con certezza le caratteristiche dei dispositivi richiesti e verificare l’esistenza sul mercato delle imprese che possano rispondere alla domanda, in una situazione di carenza di offerta anche a livello internazionale.

Il d.l. n. 18/2020 ha inoltre previsto che gli acquisti di forniture e servizi da parte degli enti del servizio sanitario nazionale finanziati dalle donazioni ricevute per il contrasto all’epidemia possono avvenire con affidamento diretto (senza consultazione di più operatori) nel caso in cui rientrino nelle soglie di valore “di rilevanza comunitaria”.

Il codice dei contratti pubblici contiene comunque previsioni già di per sé dedicate alle procedure di urgenza: sono previsioni che possono tornare utili in generale a tutte le amministrazioni che si trovano a dover affrontare in tempi rapidi esigenze del tutto imprevedibili fino anche solo a qualche settimana fa. Per quanto riguarda gli acquisti di minore valore, sicuramente, la PA può procedere ad un affidamento diretto in tempi rapidi e senza consultare diversi operatori se l’importo del contratto è al di sotto dei 40.000 euro. Come già visto anche in questo blog, al di sotto di tale importo la possibilità di rivolgersi ad un unico operatore è già concessa in circostanze normali.

Per i contratti di valore superiore ai 40.000 euro ma inferiore alle soglie di rilevanza europea, le pubbliche amministrazioni dovrebbero teoricamente comunque consultare più operatori per procedere al contratto, ma nelle circostanze attuali tali operatori possono essere individuati anche sulla base della loro capacità di garantire l’esecuzione del contratto richiesto nei tempi (anche molto brevi) necessari in ragione dell’urgenza. In buona sostanza, dunque, l’amministrazione può – con adeguata motivazione – rivolgersi anche all’unico operatore disponibile ad eseguire il contratto nei tempi richiesti (a seguito di consultazioni anche rapide e informali), o al limite procedere a veloci confronti tra preventivi in ragione dell’urgenza.

In ogni caso, la pubblica amministrazione può applicare– indipendentemente dalle soglie di valore – le previsioni del codice specificamente dedicate alle situazioni di urgenza. Una prima previsione specifica è contenuta all’art. 163 del codice, che disciplina gli acquisti “in caso di somma urgenza e protezione civile”, con la possibilità di affidare direttamente appalti di lavori, servizi e forniture in presenza di condizioni di urgenza (anche se entro limiti di valore che comunque può essere superato sulla base dei decreti-legge legati all’emergenza citati sopra). Il d.l. n. 18/2020 rinvia a tale procedura, ad esempio, per i lavori necessari al ripristino della funzionalità e della sicurezza degli istituti penitenziari danneggiati in occasione delle proteste dei detenuti avvenute nelle ultime settimane.

L’art. 63 del codice invece prevede la possibilità di procedere con una “procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara”anche quando “per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati”. La procedura negoziata prevista dall’articolo prevede comunque la consultazione di almeno cinque operatori economici. Anche in questo caso vale però quanto già rilevato per gli affidamenti sotto-soglia: la norma precisa infatti che vanno individuati almeno cinque operatori “se sussistono in tale numero soggetti idonei”: l’idoneità degli operatori può essere valutata anche tenendo conto della loro capacità di rispondere alle richieste dell’amministrazione nei tempi rapidi richiesti, così come l’eventuale confronto tra più operatori può essere svolto con criteri semplificati e in tempi rapidi. Il d.l. n. 18/2020 rinvia alla procedura di cui all’art. 63 del codice per gli interventi finanziati con il “Fondo per la promozione integrata” istituito dal decreto (con una dotazione di 150 milioni di euro) per la promozione delle esportazioni e delle imprese italiane all’estero.

Da ultimo, come misura generale per tutti i contratti in aiuto delle imprese appaltatrici anche dal punto di vista finanziario, il d.l. n. 18/2020 ha previsto la possibilità di versare un’anticipazione del 20% del corrispettivo entro quindici giorni dall’avvio dell’esecuzione dei contratti, anche nel caso di consegna del contratto in via di urgenza (ossia prima della stipula).

L’impatto dell’emergenza sulle gare in corso: lo svolgimento delle procedure anche a “distanza”

Nel corso dell’emergenza le procedure già avviate o comunque non urgenti dovrebbero comunque auspicabilmente andare avanti “a distanza”, sfruttando (finalmente) le potenzialità offerte dalla digitalizzazione e dall’innovazione tecnologica.

Il codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) è già di per sé incentrato sullo svolgimento delle gare per gli affidamenti con modalità telematiche e digitali. L’art. 58 del codice e diverse pronunce del giudice amministrativo indicano che in tali tipologie di gara si può prescindere dalle sedute “pubbliche”(e quindi aperte agli operatori) per l’apertura delle “buste” con la documentazione e le offerte presentate dagli operatori. Nelle procedure telematiche, infatti, la piattaforma utilizzata garantisce l’inconoscibilità delle offerte fino al momento della loro apertura, l’immodificabilità della documentazione presentata, la tracciabilità e la trasparenza delle operazioni di gara e la verifica della parità di trattamento tra gli operatori.

Allo stesso modo, la giurisprudenza afferma che nell’ambito di una gara telematica con le caratteristiche descritte si possa prescindere dall’apertura delle buste in seduta pubblica anche quando questa era prevista dal disciplinare di gara e poi non si è effettivamente tenuta (TAR Lombardia, Brescia, 12 gennaio 2016, n. 38).

Nelle circostanze di questi giorni si potrebbe peraltro ipotizzare per qualsiasi procedura, anche fuori dall’ambito di gare svolte su piattaforme telematiche che rispondano ai requisiti di cui sopra, lo svolgimento delle sedute pubbliche a distanza con adeguati programmi di videoconferenza, eventualmente previa opportuna acquisizione di consenso da parte degli offerenti.

Dal punto di vista dell’attività di “back officedel responsabile unico del procedimento e dei suoi ausiliari interni alla stazione appaltante, nonché dei lavori della commissione giudicatrice per la valutazione dell’offerta tecnica, l’attività da remoto è sicuramente possibile.

Con riguardo a RUP e addetti della stazione appaltante, la possibilità di lavorare da remoto alla procedura rientra nel più generale tema del “lavoro agile” da parte delle pubbliche amministrazioni. Come noto, i decreti d’urgenza approvati per l’emergenza coronavirus incentivano e rendono di fatto immediatamente possibile lo smart working” nella PA come modalità organizzativa ordinaria. Il decreto-legge n. 9/2020 si occupa anche di potenziare la dotazione delle convenzioni Consip per la fornitura di pc portatili o tablet (con l’aumento della fornitura fino al 50% da parte dell’appaltatore o lo svolgimento di una nuova procedura in modalità semplificate se il fornitore non accetta i nuovi numeri).

Per quanto riguarda invece le commissioni di gara, il codice dei contratti pubblici (art. 77 comma 2) prevede che la commissione possa già in condizioni normali “lavorare a distanza, con modalità che salvaguardino la riservatezza delle comunicazioni”.

Se invece la stazione appaltante, date le circostanze, non è in grado di svolgere le attività previste dalla procedura di affidamento (ricevimento offerte, apertura buste, etc.) nei termini previsti da un disciplinare di gara già pubblicato, è possibile – motivando la scelta in ragione delle condizioni straordinarie – rinviare i termini o sospendere anche in via indeterminata la procedura.

Con riguardo ai tempi delle procedure, peraltro, il d.l. 18/2020 prevede come già accennato una “sospensione” generalizzata dei termini dei procedimenti amministrativi dal 23 febbraio al 15 aprile 2020, con l’adozione da parte delle amministrazioni di ogni “misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati”. A rigore dunque le procedure di affidamento in corso devono tenere in conto questa proroga, soprattutto per quanto riguarda i termini perentori a carico degli operatori: anche termini per presentare offerte già scaduti dopo il 23 febbraio, dunque, dovrebbero essere considerati riaperti fino al 15 aprile. Ovviamente la previsione (non molto chiara sul punto) non può arrivare ad obbligare la sospensione delle procedure di acquisto giudicate urgenti dalla stazione appaltante. È comunque consigliabile per le stazioni appaltanti pubblicare dei chiarimenti sulla propria interpretazione della norma ai (potenziali) partecipanti alle procedure, dando comunque priorità alle procedure più urgenti fino al decorso della data del 15 aprile.

La sospensione delle procedure di gara non essenziali risulta inoltre di fatto obbligata anche per gli uffici nel territorio delle Regioni che hanno previsto limitazioni delle attività delle pubbliche amministrazioni attraverso provvedimenti più restrittivi di quelli nazionali: questo vale ad esempio per la Lombardia e il Piemonte, le quali hanno disposto con provvedimenti del 21 marzo 2020 la sospensione delle attività degli uffici pubblici, salvo quelle attinenti a servizi pubblici essenziali e di pubblica utilità.

Gli acquisti informatici di beni e servizi per lo smart working

Lo svolgimento di procedure telematiche e digitali (nel settore dei contratti pubblici e in generale nell’azione e nell’organizzazione della PA) richiede ovviamente la dotazione di strumenti idonei. Oltre a quanto già indicato con riguardo all’adesione alle convenzioni Consip per l’acquisto di pc portatili e tablet, la normativa di emergenza degli ultimi giorni prevede ulteriori modalità speciali per l’acquisto di servizi informatici volti, in particolare, ad agevolare la diffusione del lavoro agile e di servizi di rete.

In tale ambito, il recente d.l. n. 18/2020 prevede che l’acquisto di “beni e servizi informatici”, in particolare in modalità “cloud SaaS (software as a service), e di “servizi di connettività” possa avvenire tramite procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (ossia un confronto tra operatori scelti dalla stazione appaltante), selezionando l’affidatario tra almeno quattro operatori economici, di cui almeno una «start-up innovativa» o una«piccola e media impresa innovativa», iscritta nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese ai sensi del d.l. n. 179/2012. Il decreto prevede anche delle semplificazioni nei controlli sul possesso dei requisiti da parte degli operatori e la possibilità di derogare ai termini previsti per la stipula del contratto dal codice dei contratti pubblici.

Gli acquisti devono essere però coerenti con il Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione (redatto dall’Agenzia per l’Italia digitale) e devono possibilmente prevedere l’integrazione con le piattaforme disciplinate dal codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. n. 82/2005), in particolare in relazione ai pagamenti telematici, all’anagrafe nazionale telematica e al sistema dell’identità digitale.

Cosa succede ai contratti già stipulati ed in corso di esecuzione?

Per quanto riguarda i contratti già stipulati e in fase di esecuzione, il codice dei contratti pubblici prevede diverse possibilità di rivedere l’oggetto della prestazione e i tempi per il suo svolgimento, in ragione delle circostanze straordinarie e imprevedibili intervenute.

L’art. 106 del codice individua, quale causa per apportare modifiche al contratto, “circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore”, che possono anche consistere nella “sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti”.

È sempre ammessa, peraltro, la possibilità di aumentare o ridurre quantitativamente la prestazione nei limiti del quinto del valore del contratto (cd. “quinto d’obbligo”), o anche di modificarne l’oggetto se questo non viene snaturato e il valore della modifica rimane entro gli importi previsti per la determinazione della soglia comunitaria o entro determinate percentuali del valore iniziale.

La modifica contrattuale avviene sulla base delle formalità previste dallo stesso art. 106 e dal d.m. 7 marzo 2018, n. 49.

Nel caso in cui non fosse più possibile eseguire il contratto nelle circostanze legate all’epidemia, si può procedere alla sospensione dello stesso, su iniziativa del direttore dei lavori (o dell’esecuzione per i servizi), del RUP o dello stesso esecutore. Ai sensi dell’art. 107 del codice, la sospensione è possibile infatti per “circostanze speciali che impediscono in via temporanea che i lavori procedano utilmente a regola d’arte” (in questo caso è disposta dal direttore dei lavori/dell’esecuzione), oppure per “ragioni di necessità e di pubblico interesse” (disposta dal RUP), o ancora per “cause imprevedibili o di forza maggiore” (richiesta dall’appaltatore). Nel caso in cui la sospensione disposta dalla stazione appaltante superi i sei mesi di durata, l’appaltatore può chiedere di risolvere il contratto, senza indennità, oppure aver diritto dei maggiori oneri sostenuti nel caso la stazione appaltante si opponga alla risoluzione. Quando invece la sospensione supera il quarto della durata contrattuale, occorre che il RUP invii una comunicazione all’ANAC. Eventuali contestazioni da parte dell’appaltatore vanno segnate nei verbali di sospensione e di ripresa del contratto o come riserve nella contabilità. Anche per la sospensione le previsioni di dettaglio sugli adempimenti da effettuare sono contenute nel d.m. n. 49/2018.

La sospensione dell’esecuzione del contratto – o anche solo di una parte di esso – risulta di fatto obbligatoria, salvo i casi di servizi di pubblica utilità, quando non è possibile proseguire l’esecuzione secondo le modalità ordinarie mantenendo i requisiti di sicurezza per i lavoratori. Sia l’obbligo generale all’interno del codice civile sia le previsioni particolari del testo unico sulla salute e sicurezza dei lavoratori (d.lgs. n. 81/2008) impongono al datore di lavoro di garantire – com’è ovvio – ai propri lavoratori l’adozione di misure tali da contrastare adeguatamente i rischi per la salute, incluso il rischio da esposizione ad “agenti biologici”, quale può essere il nuovo coronavirus. A tal proposito, le rappresentanze delle imprese e dei lavoratori hanno negli ultimi giorni concordato un protocollo da seguire per l’organizzazione aziendale e del lavoro, nonché la dotazione di dispositivi di protezione individuale dei lavoratori. In mancanza della possibilità di rispettare tali requisiti minimi, la sospensione (totale o parziale) del contratto secondo le modalità viste risulta una scelta decisamente consigliabile per la stazione appaltante.

Oltre che nei casi di cui sopra, la sospensione dei contratti risulta ad oggi obbligatoria anche nelle ipotesi in cui le attività rientrino nei casi previsti dalla normativa statale (il già citato DPCM 22 marzo 2020) e dalle ordinanze regionali che ampliano ulteriormente le attività economiche oggetto di interruzione in questo periodo. La Lombardia e il Piemonte, ad esempio, con i già citati provvedimenti del 21 marzo 2020, hanno disposto l’interruzione delle attività di cantiere, salvo quelle relative a realizzazione di strutture sanitarie e di protezione civile, nonché la manutenzione di opere funzionali a servizi essenziali. Il nuovo d.l. n. 18/2020 precisa peraltro che in ogni caso il rispetto delle misure di restrizione degli spostamenti e delle attività previste dalla decretazione di urgenza per limitare il diffondersi del Covid-19 è sempre valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore (ossia dell’appaltatore).

Nel caso di sospensione generale dell’attività dell’impresa appaltatrice, il d.l. n. 18/2020 ha introdotto degli ammortizzatori sociali straordinari per i dipendenti (accesso a cassa integrazione ordinaria con causale “Covid-19” e cassa integrazione in deroga anche per imprese cui normalmente non si applica l’istituto), la sospensione dei versamenti di contributi e pagamenti a carico dell’impresa, la prestazione di garanzie pubbliche (anche tramite il fondo di garanzia delle piccole e medie imprese).

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